«Fare il sindaco non dà salvacondotti»

La Cassazione ha depositato le motivazioni con cui ha confermato il divieto di dimora del sindaco. E dà ragione alla procura
Di Cristina Contento

CORTINA. Caso Franceschi. Ecco perchè la Cassazione dà ragione alla procura e ha confermato il divieto di dimora del sindaco a Cortina per pericolo di reiterazione del reato: il pericolo è fondato «sulle specifiche modalità e circostanze del fatto e sulla personalità», per fatti in danno della pubblica amministrazione e «condotte illecite» basate su un «elevato grado di intensità del dolo e di intenzionalità».

L’avere poi una investitura popolare con l’elezione a sindaco, per i giudici della Suprema Corte non vuol dire avere un «salvacondotto personale», «pena la violazione del principio di uguaglianza».

La vicenda di Franceschi è nota: la procura lo ritiene responsabile di turbativa d’asta sull’appalto rifiuti, avendo favorito l’imprenditore Sartori; e di aver ordinato al comandante della municipale, Salvato, di non usare autovelox e telelaser in periodo elettorale.

Ora la Cassazione motiva perchè ha ritenuto fondati i rilievi penali mossi dalla magistratura bellunese (l’inchiesta della Finanza è nelle mani del pubblico ministero Antonio Bianco) e non censurabile l’applicazione del divieto di dimora a Cortina, rigettando il ricorso della difesa di Franceschi, gli avvocati Pecorella e Prade. Particolare non da poco: il sostituto procuratore generale Scardaccione, in esame di ricorso, non ha chiesto l’assoluzione bensì l’annullamento della decisione del tribunale di Venezia, con rinvio, ritenendo necessaria una diversa riqualificazione dei reati.

La difesa chiedeva alla Cassazione l’annullamento della misura cautelare dell’obbligo di dimora. Sosteneva in primis che quelle accuse sull'appalto rifiuti non potevano essere mosse in quanto retroattive rispetto alle norme. Ma per la Cassazione non c’è violazione della procura: a generare il reato di turbativa d'asta è la mera “promessa” dell’aggiudicazione dell’appalto in cambio di voti pro Franceschi.

All’accordo del 2009 è seguita una serie ininterrotta di «incontri, scambi di opinione, trattative e intese» scrive la Cassazione, «finalizzati alla preparazione del bando». L’illecito secondo la Corte sta nella stesura della bozza del bando (a settembre 2010) e nella sua consegna alla funzionaria del Comune (ottobre 2010), «attività queste ultime che denunciano la persistente collusione, sostenuta dalla volontà di adempiere l’indebita promessa di favorire quel determinato aspirante concorrente». Azioni successive che integrano il reato contestato (il 353 bis del codice penale, che ha modificato il precedente dal 2010): il legislatore ha voluto includere come illeciti i tanti aspetti che portano al condizionamento dei bandi, “plasmati” su certi soggetti per far loro vincere gli appalti.

Secondo:la difesa sosteneva che la procura di Belluno avesse travisato gli atti, interpretando come “turbative” questioni di mero carattere tecnico studiate per l’appalto. Per la Cassazione la difesa di Franceschi in alcuni punti ha ragione di censurare l'accusa, ma aggiunge, «il quadro indiziario non viene seriamente intaccato perchè la “collusione” per condizionare il contenuto del bando a favore di Sartori è «dimostrata dalle sequenze dei fatti», fatti che non portavano all’interesse della pubblica amministrazione bensì a quelli di «un singolo imprenditore legato agli amministratori da rapporti extraistituzionali».

Inutile sostenere, poi, che il reato non si è consumato perchè non c’è stata aggiudicazione dell’asta all'interessato (Sartori dovette associarsi con un'altra azienda che vinse). Secondo la Suprema Corte l’articolo è contestato dalla procura giustamente, in quanto il legislatore intende censurare atti illeciti nella preparazione dei bandi, proprio come avvenuto in questo caso. «Perchè ci sia il reato è sufficiente» che la «correttezza della procedura di predisposizione del bando sia messa concretamente in pericolo», cosa che nel caso di Franceschi si è verificata, secondo i giudici, quando il sindaco «ha consegnato la bozza del bando, frutto di collusione» al funzionario responsabile, «ordinando che fosse convertita senza modificazioni nel bando pubblico». Come si sa, il funzionario disobbedì, inserendo una clausola escludente Sartori dall'appalto: il particolare impedì «l’inquinamento del bando ma non ha cancellato la turbativa». Infine, le perplessità del procuratore generale sulla corretta qualificazione giuridica del fatto, non han ragione di esistere: un sindaco può agire in danno della pubblica amministrazione.

E gli autovelox? Illegittimo, secondo la Cassazione l’ordine che Franceschi avrebbe impartito al comandante dei vigili Salvato, di non fare controlli con l’autovelox. Di più: è una minaccia l’avergli prefigurato che se non avesse obbedito, non sarebbe stato riconfermato al posto.

Ricorso annullato, dunque e spese da pagare.

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