«Fate germogliare il seme che mio padre Sergio Reolon ha lasciato»
BELLUNO. «Ognuno di voi, qui oggi, ha dentro una parte del campo di idee che lui coltivava. Continuate a lottare, fate germogliare quel seme, fate crescere quella pianta che lui vi ha lasciato». È Emanuele a chiudere l’orazione funebre per suo padre, Sergio Reolon, salutato ieri al cimitero di Castion da un’enorme folla di cittadini, amici e autorità. La cerimonia laica si è aperta con il Coro Adunata degli alpini, che hanno cantato anche nel finale, come da richiesta dello stesso Reolon.
Emanuele ha ricordato tre caratteri di Sergio che sono ben presenti a tutti quelli che hanno conosciuto l’ex presidente della Provincia: il sorriso, sempre, anche nei giorni più dolorosi, il coraggio e la capacità di parlare a tutti usando parole chiare: «Era un uomo che sceglieva come vivere, la sua vita la decideva lui e non si gingillava dei risultati ottenuti. Era un montanaro civicus, un contadino che coltivava idee».
L’orazione principale è stata affidata a Claudia Bettiol, che di Sergio fu vice presidente, amica e collaboratrice, perché ricordare Reolon solo per gli anni trascorsi a Palazzo Piloni sarebbe riduttivo. «Non avremmo mai voluto essere qui», ha esordito Claudia Bettiol, con «rimpianto e senso di gratitudine», ricordando come Reolon abbia scritto le pagine più importanti della storia moderna di questo territorio, non solo da «orgoglioso presidente della Provincia», ma anche da esponente di primo piano della Sinistra italiana, impegnato in battaglie fondamentali per la sopravvivenza della montagna, «a partire dalla tutela e la valorizzazione dell’ambiente».
Bettiol ha più volte ringraziato Reolon: «Solidamente ancorato ai suoi valori e capace di adattarli ai cambiamenti. Un politico lungimirante e attento, che ha battuto in lungo e in largo questo territorio più volte in cerca del confronto con la comunità, della quale cercava di individuare gli interessi». La ex vice presidente ha ricordato gli anni da emigrante, vissuti con tristezza e poi lo studio, la conoscenza e il continuo approfondire, anche con sacrificio. «Il valore alto della politica, che per lui non è solo buona amministrazione. L’importanza del confronto, del rispetto e della legittimazione dell’altro, perché, per Reolon, solo dal confronto con chi la pensa diversamente nascono le idee migliori.
Bettiol sottolinea: «La rettitudine morale, l’onestà, l’intelligenza e la lontananza da qualsiasi aggressività personale». Tanti i risultati ottenuti, ma Bettiol ne cita uno che riassume in sè la visione di Reolon della montagna per quanto fu importante: Unico Studenti, l’abbonamento che per qualche anno permise ai ragazzi bellunesi di raggiungere le scuole al costo più basso possibile: «Perché tutti, a qualunque distanza, potessero permettersi di andare a studiare», un provvedimento che dimostra: «La volontà di Reolon di accorciare le distanze della montagna e di abbattere le disuguaglianze».
Andare oltre i campanilismi, come superare le logiche di puro mercato scongiurando una montagna subalterna, sono tra gli impegni principali di Reolon: «Uomo forte, competente, caparbio, una delle voci più autorevoli del bellunese». Reolon ha combattuto sempre ed è stato premiato con risultati importanti, dalla specificità al demanio idrico: «In una visione moderna, mai retorica e lamentosa della montagna», ricorda ancora Bettiol.
Tra gli insegnamenti lasciati dal grande politico ci sono quelli: «A lavorare insieme, fare squadra, non arrendersi, pensare in grande e volare alto». Da qui il lavoro imponente fatto per inserire le Dolomiti nel patrimonio Unesco, la grande mostra di Tiziano, tutte con un unico filo conduttore, quello del recupero e della valorizzazione delle radici: «Ciò che ci rende forti è sapere chi siamo e dove andiamo», cita ancora Bettiol, che ha concluso con il ricordo degli ultimi giorni, il ringraziamento della famiglia ai medici che hanno avuto in cura Reolon e agli amici che non lo hanno lasciato solo nemmeno un momento in questi mesi difficili: Toni, Michele e Quinto.
Infine le sue parole, quelle con le quali Sergio Reolon ha chiuso il suo ultimo libro “Kill Heidi”: «Chiudo gli occhi e vedo le mie amate Dolomiti, i loro colori accesi, lividi e struggenti, sento i loro profumi, rivivo le tante salite sotto il sole, la neve e il vento in compagnia delle persone con cui ho potuto condividere il cammino».
Le Dolomiti, le montagne più belle del mondo, diventate grazie a Reolon patrimonio Unesco, cioè patrimonio di tutta l’umanità. E proprio la bellezza è un’altra delle parole chiave della vita e delle battaglie politiche di Sergio Reolon: «Perché senza bellezza non si realizza la vita».
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