Fatturati da raddoppiare: le aziende bellunesi puntano alla crescita

BELLUNO. Le aziende bellunesi hanno grandi ambizioni e, pur nella consapevolezza dei tanti problemi ancora irrisolti, puntano forte sulla crescita nei prossimi mesi. Almeno quelle che hanno animato ieri la tavola rotonda guidata dal direttore del Corriere delle Alpi Paolo Possamai in occasione della presentazione della ricerca Top500, promossa dal nostro giornale in collaborazione con l’Università di Padova e Pwc.
«Fra tre anni dovremmo essere grandi il doppio», ha affermato Massimo Renon, amministratore delegato di Marcolin, 482,22 milioni di euro di fatturato nel 2018. «Fra quattro anni puntiamo a raggiungere i 250 milioni di ricavi» (contro gli attuali 122, ndr), ha fatto eco l’ad di Clivet Stefano Bellò. «Noi abbiamo già adesso le potenzialità per fatturare un 30 per cento in più», ha ripreso Laura Trevisson, Vice Presidente di Meccanostampi (35, 84 milioni di euro). Mentre per Massimo Slaviero, ad di Unifarco: «Il nostro target del prossimo triennio sono i 140 milioni, dai 100 con chiuderemo il 2019».
Quattro aziende, di quattro settori diversi, con trenta e più anni alle spalle, con singole storie di ordinaria (ma soprattutto straordinaria) imprenditoria, ma tutte con la consapevolezza che bisogna rilanciare se si vuole stare sul mercato globale. Ma come? E cosa si frappone ad ostacolo dell’imprenditoria bellunese?
Sulle strategie, ovviamente, ciascuno ha la sua, che non può prescindere dalla propria storia. Massimo Renon ha detto chiaramente che il fuoco è sul prodotto, sul design, sul made in Italy.
«Che però – ha aggiunto – oggi non basta più se non è accompagnato dalla velocità del servizio e dalla conoscenza dei diversi mercati, se è vero che il nostro fatturato lo realizziamo per il 93% all’estero. I consumatori sono sempre più esigenti e soprattutto cambiamo gli usi da paese a paese. Bisogna girare il mondo per conoscere come si acquista a Singapore piuttosto che in Giappone ed essere pronti alla sfida. Per far questo dobbiamo lavorare molto sulla formazione, trattenere i ragazzi qui a Belluno, dove peraltro la qualità della vita molto alta, puntare sulla Luiss Business School, ma anche sul Politecnico dell’occhiale».
«Viviamo il trentesimo anniversario della nostra azienda – ha invece detto Stefano Bellò – raccogliendo i primi frutti dell’integrazione con il gruppo cinese Midea. Partiti a lavorare sui mercati del condizionamento e riscaldamento di piccole e medie utenze, abbiamo avuto da subito uno sviluppo rapido. Adesso si tratta di puntare sulla tecnologia delle pompe di colore, grazie anche a questa alleanza strategica internazionale che ci apre nuovi scenari internazionali e si fonda sulla concretezza alla ricerca di prodotti sempre migliori e sostenibili».
Per Massimo Slaviero la ricetta vincente di Unifarco sta nel progetto originario: ovvero rappresentare il “retrobottega” di 5.000 farmacie clienti a cui offrire prodotti di massima qualità, ma con il loro singolo marchio.

«Così da consentire al farmacista di fare al meglio il suo mestiere, che è quello di prendersi cura della persona, sia per quanto riguarda la salute che i prodotti di bellezza. Il farmacista per noi non è mai stato e mai sarà un mero distributore di merce, ma piuttosto un partner, tant’è che ben 360 sono diventati nostri soci e detengono il 9% del capitale sociale».
«Per noi il salto di qualità, voluto da mio padre – ha quindi spiegato Laura Trevisson – è stato il passaggio dall’essere semplici produttori di stampi a garantire lo stesso stampaggio, acquisendo know how sul processo, non avendo prodotti nostri. Puntiamo molto sulle risorse umane, in questa fase di passaggio generazionale che investe non solo la proprietà, ma anche il personale».
E gli ostacoli? Tutti d’accordo: infrastrutture, soprattutto viarie (Bellò: «Dobbiamo far passare i nostri camion per i centri abitati dei paesini più piccoli per portare la merce in Germania»); burocrazia; fuga dei cervelli, incapacità di raccontarsi al meglio e di essere attrattivi. Ma anche l’incapacità di fare sistema, sia a livello paese che fra aziende. Tanto che Renon ha richiamato esplicitamente anche l’opportunità, per crescere, di mettersi insieme con operazioni straordinarie. Ma infine pesa sulla bilancia, fino a portarla in positivo, un asset straordinario rappresentato, hanno detto tutti e quattro i relatori concordi, dalle risorse umane dedite al lavoro nel bellunese come da nessun’altra parte. —
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