Federalismo fantasma, comuni verso il crac

Aumentano funzioni e oneri ma diminuisce l'autonomia finanziaria degli enti locali
PADOVA.
La situazione finanziaria dei Comuni del Veneto è sull'orlo del collasso. Si continua a parlare di federalismo, di responsabilità nella spesa e nelle entrate, ma la situazione è tutt'altra.

Alla vigilia di un 2011 che si annuncia drammatico, per la necessità dello Stato di continuare a tenere stretti i cordoni della borsa, i Comuni non sanno ancora su quali risorse contare. Chiudono i bilanci 2010 di corsa, nella speranza che non gli tolgano una delle ultime chanche, cioè quella di potere contare sugli oneri di urbanizzazione per fare quadrare il conto delle entrate correnti.

Ma il futuro è buio: mentre la popolazione del Veneto crescerà di almeno 500 mila unità nei prossimi anni, facendo salire in misura esponenziale le necessità di assistenza e supporto ai cittadini in termini di servizi, le risorse stanno calando e di decentramento o federalismo non se ne vede l'ombra.

E' questo quanto si deduce dai dati del Rapporto Nobel curato dall'Ires Cgil e presentato ieri a Padova in un dibattito cui hanno partecipato i ricercatori e rappresentanti dei Comuni tra cui il sindaco Flavio Zanonato.

Misurato nei giudizi, ma spietato nell' analisi dei dati il Rapporto comincia con il mettere a confronto il futuro prossimo delle dinamiche demografiche e le risorse sulle quali, presumibilmente, i Comuni dovrebbero potere contare per affrontare i servizi. I ricercatori dell'Ires rilevano infatti che, prima di tutto, c'è stato un aumento inatteso fino a pochi anni fa, della popolazione del Veneto, che si avvia a superare i cinque milioni di residenti. Questo universo è in movimento sia geograficamente (i Comuni pi piccoli si vanno spopolando in favore di quelli pi grandi), sia socialmente: sta aumentando il numero degli anziani ed anche dei giovani a carico (cioè fino ai 14 anni), facendo salire l'indice di dipendenza della popolazione quasi a livello degli anni ottanta.

A fronte di questi dati, delle presumibili necessità delle finanze comunali che ne derivano e della richiesta di maggiore autonomia nella gestione delle entrate e nella responsabilità dei flussi di spesa, sta invece una realtà dei fatti che va in direzione esattamente opposta.

L'autonomia finanziaria dei Comuni veneti continua a scendere, sarebbe meglio dire precipita, in presenza di risorse sempre più scarse. L' abolizione dell'Ici sulla prima casa ne è un esempio. Mentre le risorse trasferite dal centro per compensarla, non solo sono inferiori al gettito originario, ma hanno addirittura penalizzato i Comuni virtuosi, cioè quelli che avevano deciso di tenere un' aliquota relativamente bassa che si sono trovati ad avere meno risorse e nessuna possibilità di manovra.

La logica che sembra presiedere alla finanza comunale sembra, piu o meno, quella del si salvi chi può. Si continuano a tagliare spese e falcidiare costi. Si trovano dei palliativi per farle uscire dai bilanci comunali con le esternalizzazioni (pagando lo scotto di costi fuori controllo), senza alcuna programmazione, in molti casi occultando sotto il tappeto un indebitamento destinato a crescere negli anni.

Nei dati delle entrate e delle spese pro-capite dei Comuni capoluogo di provincia ci sono differenze a volte macroscopiche, soprattutto rispetto alle tariffe dei servizi pubblici, che non sono certo spiegabili con i bisogno della cittadinanza, ma piuttosto con le disponibilità dei singoli territori.

La stessa assenza di logiche presiede anche all'universo del cosiddetto capitalismo comunale: un mondo che nel solo Veneto conta nei 581 Comuni censiti ben 584 realtà partecipate, distribuite in maniera difforme di cui, spesso non è possibile ricostruire la dimensione economica guardando al solo bilancio. Insomma ci vorrebbe maggiore responsabilità e autonomia, ma il federalismo, per ora, è un atto di fede nel futuro.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi