Feltre: bancarotta, in due alla sbarra
La vicenda si lega al fallimento della ditta feltrina «J Canal»
In tribunale a Belluno si è aperto il processo legato al fallimento della J Canal
FELTRE.
Bancarotta per distrazione: è l'accusa che la procura della Repubblica di Belluno contesta a due imputati per una vicenda legata al fallimento della ditta "J Canal" di Feltre. Si tratta di Franco Canal, 48 anni, di Feltre, e Gianluca D'Incà, 35 anni di Fonzaso. Ieri mattina l'udienza preliminare davanti al gup Giorgio Cozzarini è stata rinviata a fine settembre.
Si è trattato di un mero rinvio tecnico, in quanto la tappa del Giro d'Italia, in programma ieri a Belluno, ha impedito ad un avvocato da fuori provincia di raggiungere in tempo il tribunale.
La vicenda che vede i due imputati (difesi dall'avvocato Roberta Resenterra e dall'avvocato Garbisi) alla sbarra si lega alla ditta feltrina "J Canal", una falegnameria che commerciava, in particolare, arredamenti in legno ed infissi, dichiarata fallita dai giudici del tribunale di Belluno il 12 novembre del 2008.
Diverse le accuse nel capo d'imputazione steso dal pubblico ministero Massimo De Bortoli, che si è occupato della delicata inchiesta. L'accusa più pesante è quella di bancarotta per distrazione. Secondo l'accusa, Franco Canal, come liquidatore dell'azienda fallita, avrebbe ceduto i macchinari della "J Canal" a Gianluca d'Incà, amministratore della "Mister Pine" per 600 euro, un canone di locazione giudicato non congruo.
Inoltre, sempre secondo la pubblica accusa, Canal non avrebbe messo a disposizione delle casse sociali della ditta fallita una somma di 13.570 euro, tenuta in un libretto postale. Per le aziende creditrici si è costituito parte civile l'avvocato Adriano Pregaglia, sostituito in aula dalla collega Patrizia Morettin.
Tutte accuse che gli avvocati della difesa sono pronti a smontare nel corso della prossima udienza, davanti al giudice delle udienze preliminari Giorgio Cozzarini. Pare infatti che i macchinari, inizialmente ceduti in affitto da Canal alla ditta di D'Incà fossero piuttosto vetusti e che il prezzo di seicento euro per il canone mensile di locazione non fosse così incongruo. Inoltre D'Incà avrebbe successivamente acquistato regolarmente i macchinari e la somma sarebbe stata messa regolarmente a disposizione della ditta poi fallita. Si torna in aula a settembre per la discussione dell'udienza preliminare.
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