Feltre, il poliziotto si scusa con l’assessore. Proscioglimento per la minaccia social
L’ex agente aveva postato un commento con il volto di Adis Zatta crivellato di colpi dentro un mirino. Il giudice di pace ha invitato le parti a un accordo: querela ritirata e non doversi procedere

Minaccia di morte social al candidato sindaco. La controversia di fronte al giudice di pace Nicola Parrocco, tra l’imputato Alberto Molin e la parte offesa Adis Zatta, è finita con le scuse e una stretta di mano. Nell’aula di via Tasso il ritiro della querela da parte di Zatta e la sentenza di non doversi procedere – chiesta all’unisono dal pm Giada Modena, dal legale di parte civile Luciano Perco e dai difensori Federico Donegatti e Giorgio Lorenzo Crepaldi – pronunciata dal magistrato onorario. Zatta rinuncia a qualsiasi tipo di risarcimento danni e Molin dovrà solo pagare spese e avvocati.
Le sentenze non si commentano, ma si può dire che l’udienza sia terminata nella maniera più ragionevole. L’ex assessore ai Lavori pubblici della giunta Paolo Perenzin non ci sarebbe nemmeno andato davanti al giudice di pace dopo le necessarie scuse. Per contro Molin avrebbe voluto un verdetto di assoluzione, dopo aver sofferto a sua volta per quel post, dovendo spiegare la situazione ai suoi figli, ormai grandi.
L’ex poliziotto della Stradale aveva postato sul profilo Facebook della lista “Per Feltre Viviana Fusaro sindaco” il manifesto elettorale di Zatta con il volto crivellato di colpi, un mirino al posto del simbolo della lista civica “Cittadinanza e partecipazione” e il messaggio «questo sarebbe il bersaglio migliore».
Il 63enne, che si era candidato alle amministrative del 2017 vinte da Perenzin davanti a Michele Balen, con la civica Libera Lista e aveva raccolto 108 voti, pari all’1,10 per cento, si è sottoposto all’esame dell’imputato: «Il post è stato taggato e riportato su un altro social. Si trattava più che altro di un commento che è rimasto in rete neanche un giorno, dal momento che è stato segnalato e il mio account bloccato».
Zatta ha fatto in tempo a vederlo, si è rivolto a Perco e ha presentato una querela per minaccia: «Una goliardata», osserva l’imputato, «non contro l’uomo ma nei confronti del candidato politico. Che non conoscevo personalmente e non ci avevo davvero mai parlato, malgrado fosse stato assessore ai Lavori pubblici. Non ho nulla di personale contro di lui e i contorni di tutta questa vicenda sono esclusivamente politici».
Alberto Molin avrebbe potuto scusarsi prima oppure patteggiare con 3 mila euro di risarcimento, tuttavia ha preferito andare a processo. Il procedimento è costato sofferenza anche a lui: «Ho dovuto cambiare casa, perché non potevo più rimanere a Feltre. Ho sempre fatto rispettare la legge come agente di polizia e sono state pesanti anche le domande che mi hanno posto i miei ragazzi. È stata una battuta di cattivo gusto, su questo non ci sono dubbi».
Parrocco ha convocato le parti, concedendo una decina di minuti per trovare una conciliazione. Molin è rimasto in aula con i suoi difensori, mentre Zatta si è spostato in saletta testi con il proprio. Poi si sono parlate le toghe, che hanno deciso per le scuse pubbliche via lettera e una stretta di mano: «Avremmo potuto chiuderla molto prima», sottolinea Zatta, «invece abbiamo perso ore di lavoro. Mi bastavano le scuse».
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