Feltre: tentata estorsione, due anni
Faoro minacciò il cliente che non aveva pagato la droga
Un’aula del tribunale di Belluno
FELTRE.
Due anni di reclusione. È la condanna inflitta a Peter Faoro, 22 anni di Feltre, accusato di tentata estorsione nei confronti di un tossicodipendente che non gli aveva saldato l'ultimo acquisto di droga. Il fatto risale all'ottobre di un anno fa. «Se non mi paghi, ti mando i miei amici albanesi a regolare i conti». Sarebbe stato più o meno di questo tenore l'avvertimento di Faoro a D.C., il tossicodipendente al quale, pochi giorni prima, aveva ceduto alcune dosi di eroina, pagate, però, solo in parte. Una minaccia a scopo estorsivo fatta a voce e via sms scoperta, però, in un modo piuttosto singolare. Pochi giorni dopo il fatto, i carabinieri arrestarono Faoro per tentata estorsione, su ordine di custodia cautelare emesso dal gip Giancotti su richiesta del pubblico ministero Simone Marcon. Tra le altre accuse Faoro era anche imputato di ricettazione di alcuni gioielli rubati da D.C. alla madre in cambio di alcune dosi di cocaina e di altre cessioni di eroina, sempre allo stesso tossicodipendente, a titolo gratuito. Ma da queste accuse l'avvocato Giorgio Gasperin (studio Patelmo) è riuscito a farlo assolvere. Le indagini dei carabinieri partirono il 13 ottobre 2009. Quel giorno un altro noto tossicodipendente si presentò in evidente stato di alterazione psico-fisica al negozio «Compro Oro» di Feltre, pretendendo di vendere un girocollo e un orologio da donna. L'atteggiamento molesto del giovane indusse il personale del negozio a chiedere l'intervento della pattuglia dei carabinieri che condusse il ragazzo in caserma per i necessari accertamenti tesi a stabilire l'origine dei due oggetti. Dopo un'iniziale reticenza e una serie di cambi di versione il giovane ammise di avere ricevuto gli oggetti da Faoro, il quale, a sua volta, li aveva ricevuti da un terzo tossicodipendente, D.C., che li aveva sottratti alla madre per acquistare da lui alcuni grammi di droga. Lo stupefacente in gran parte fu pagato in contanti, per il saldo della fornitura l'acquirente si era riservato di piazzare gli ori sottratti alla mamma. Dopo alcuni giorni però Faoro non aveva ancora ricevuto la somma mancante. L'operazione di vendita dei monili non riuscì e Faoro si spazientì iniziando a minacciare il suo "cliente" sia a voce sia al telefono tanto da spingersi ad annunciare l'intervento di alcuni albanesi per "convincerlo" a pagare quanto mancava. Per le forze dell'ordine fu la goccia che fece traboccare il vaso. L'arresto con custodia in carere fu motivato dagli inquirenti dalla gravità dei fatti contestati, dal giudizio negativo sulla personalità di Faoro, dai numerosi precedenti a suo carico e dall'inadeguatezza del provvedimento degli arresti domiciliari, visto che in passato ne aveva già beneficiato commettendo anche il reato di evasione. Nel corso del processo, in rito abbreviato, il pm aveva chiesto 3 anni e 6 mesi. Pena ridimensionata a due anni di reclusione.
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