Ferrero e Novi puntano sul Bellunese per produrre le nocciole

Le due aziende piemontesi sono in cerca di terreni dove poter coltivare la "trilobata delle Langhe"

BELLUNO. Ferrero e Novi sono alla ricerca di nuovi produttori di nocciole e potrebbero trovarli presto fra gli agricoltori bellunesi. La Coldiretti di Asti e Cuneo, che poco tempo fa ha siglato un importante accordo con i due colossi dolciari piemontesi, ha individuato nel Bellunese un territorio florido per estendere qui la propria produzione della nocciola piemontese. Il primo contatto con la Coldiretti locale c'è stato un mese fa in un incontro a Treviso.

«Abbiamo a disposizione molte aree inutilizzate e invase dalla boscaglia, che potrebbero prestarsi a questo tipo di coltivazione», esclama il presidente Silvano Dal Paos. Nel caso specifico «la Ferrero si farebbe carico non soltanto del costo di raccolta, ma anche della produzione. In più avrebbe previsto un 15-20 per cento in più rispetto alla qualità delle nocciole. La resa economica è certa e pare anche significativa. Sarebbe un ulteriore complemento all'attività agricola e un altro modo per fare reddito, anche perché i costi di avviamento non sono esorbitanti, la manutenzione è poco onerosa e di solito si parla di un trattamento fitosanitario all'anno».

L'idea è ancora germinale e sarà discussa sabato 25 ad Agrimont, all'interno del programma della giornata. Sono invitati alcuni tecnici per spiegare il progetto e dare tutte le delucidazioni del caso, come la spesa per ettaro o i trattamenti da fare. «Le parti piane della provincia non saranno toccate, visto che sono già impegnate da altri tipi di coltivazioni», tiene a precisare il presidente, «non si vuole fare concorrenza sleale, ma sfruttare al meglio ogni porzione di territorio».

Ci sono, però, una serie di aspetti critici da chiarire, come la cessione dei latifondi alla produzione della nocciola trilobata, Dop delle Langhe. «Oltre che darci tutta l'assistenza del caso, i colossi piemontesi sono disposti a valutare la qualità della nostra produzione autoctona, per capire se c'è l'interesse a sviluppare il prodotto. Non possiamo però essere sempre restii alle novità», esorta Dal Paos, «la nocciola feltrina è sicuramente buona, ma si può bloccare un progetto del genere per pochi ettari coltivati? L'offerta è talmente importante che non possiamo non assoggettarci un po' alla richiesta di mercato. L'unica cosa che non vorrei è che vengano affittati i nostri terreni a terzi. Su questo punto saremo fermi: gli appezzamenti bellunesi dovranno restare di proprietà dei bellunesi».

Si sono già fatte avanti alcune aziende locali interessate: «Se riusciremo a raggiungere un numero sostenibile, organizzeremo un viaggio ad Asti, prima per visitare la Ferrero e vedere come funzionano i loro impianti di nocciole. Con l'etichettatura di provenienza molte aziende vogliono fare linee prettamente italiane, ecco perché stanno cercando altri terreni di produzione».

Per il Bellunese si parla di almeno mille ettari di bosco da riconvertire. «Non abbiamo ancora individuato le zone, ma sono molte quelle che si presterebbero. Spero entro la fine dell'anno di avere un gruppo di coltivatori che vuole aderire».

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