Fiabane, «l’uomo che creava il bello»
BELLUNO. Alpini, associazione Bellunesi nel mondo, artisti, amministratori e tanta gente comune. Tutte le persone che hanno conosciuto Franco Fiabane, la sua arte e la sua umanità, si sono radunate ieri in Cattedrale per dargli l'ultimo saluto. La chiesa è sembrata fin troppo piccola per contenere la gente che ha voluto salutarlo. All'arrivo il feretro è stato accolto da una rappresentanza di alpini. C'erano le tre sezioni dell'Ana bellunese e rappresentanti di numerosi gruppi con i loro gagliardetti. Fiabane era molto legato al mondo degli alpini: ha realizzato numerose opere per loro ed era suo il bozzetto per lo stemma della sezione di Belluno dell'associazione nazionale alpini.
Morto a 78 anni in seguito a un'emorragia cerebrale, Fiabane è stato ricordato ieri con una cerimonia toccante. Don Giacomo Mazzorana ha iniziato la sua omelia facendo un parallelo fra le prime pagine della Bibbia, nelle quale Dio, artista, ammira le meraviglie che ha creato, e l'interpretazione che ne ha dato Michelangelo dipingendo la volta della Cappella Sistina. Michelangelo, artista che Franco Fiabane ammirava e amava, che con le sue opere ha dato una nuova definizione di bellezza. «Franco Fiabane per tutta la vita si è impegnato a creare il bello», ha sottolineato don Mazzorana, evidenziando la sua dedizione al lavoro, il culto per l'amicizia, l'attenzione che aveva «nei confronti dei problemi della nostra terra, della quale ha saputo interpretare gioie, fatiche, speranze».
Persona gioiosa, umile, generosa, Fiabane aveva anche una visione profondamente cristiana della vita: «Le sue mani generose hanno trasmesso questo sentimento», ha aggiunto il sacerdote, definendolo «un artista nella vita e nel lavoro. Fiabane ha continuato la grande storia dell'arte bellunese, che è iniziata con Brustolon ed è proseguita con Valentino Pancera Besarel. Ha seguito uno stile contemporaneo, rifuggendo gli sperimentalismi, ha percorso il terreno non semplice dell'arte sacra, regalandoci opere come la Madonna delle Dolomiti».
Terminata l'omelia, Dino Bridda ha letto la preghiera dell'alpino e a più di qualcuno sono venuti i brividi, quando sono state intonate le prime note del “Silenzio” con la tromba. Il momento più toccante della cerimonia.
Non c'era il vescovo Andrich, che ha affidato a un messaggio il suo pensiero: «Franco Fiabane ci ha regalato opere che tolgono dall'oblio le catastrofi che abbiamo vissuto, opere che adornano le nostre chiese e che rappresentano il suo genio artistico». Su tutte, Andrich ne ha evidenziate due: la Regina delle Dolomiti, custodita in una nicchia sulla sommità del ghiacciaio della Marmolada e benedetta da Papa Giovanni Paolo II, il 26 agosto 1979, e il Cristo che si trova sull'altare della chiesa di san Giovanni Bosco. Ha le braccia aperte, in segno di accoglienza. A lui Andrich ha affidato l'artista. Dal pulpito lo ha ricordato anche un amico, per il quale Fiabane aveva realizzato un bassorilievo da posizionare nella tomba di famiglia. Opera che ha completato neanche un mese fa. E sono stati scolpiti dalle mani di Fiabane anche l'ambone, il Cristo e il tabernacolo della cappella Domus Tua che si trova all'interno dell'ospedale san Martino.
«Era un grande artista e un grande uomo», lo ha ricordato la presidente del comitato pro cappella Domus Tua, Maria Cristina Zoleo. «Ricorderemo sempre la sua umanità e la sua umiltà».
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