Finanziamenti fasulli a nome di ignari clienti
PONTE NELLE ALPI. Decine di truffati, totalmente ignari di avere a carico un finanziamento per l’acquisto di mobili mai visti. Erano cinque, ma dopo i riti alternativi sono rimasti in due gli imputati accusati dell’associazione per delinquere finalizzata alla truffa della società Cieffe group, che nel 2006 era subentrata nella gestione del Discount del Mobile di Ponte nelle Alpi. A processo sono rimasti Quirino Beracci, cinquantenne napoletano (difeso dall’avvocato Giuseppe Triolo) che deve rispondere anche della bancarotta fraudolenta, e Gennaro Longobardi, 37enne di Ponte nelle Alpi (difeso dell’avvocato Massimiliano Paniz); cioè l’amministratore di fatto della società e uno dei suoi dipendenti.
Secondo l’accusa i due imputati, in concorso con altri, avevano organizzato una serie di truffe ai danni di una trentina di persone, di Santander Bank e di Vega Finanziaria. In sostanza la Cieffe Group chiedeva alla finanziaria un finanziamento per l’acquisto di mobili, a nome di ignari clienti, dei quali avevano i dati necessari e le copie dei documenti.
Le cifra chiesta in prestito era in media di cinquemila euro a pratica, ma uno degli aspetti che il processo dovrà accertare è la modalità di accesso ai dati dei truffati. Pur essendo solo un dipendente, Longobardi è stato mandato a processo perché in passato aveva lavorato in un negozio di telefonia e pare che tra i nomi delle parti offese ci siano alcuni dei suoi vecchi clienti, ma si tratta solo di una piccola parte delle persone coinvolte. Nel negozio di viale Cadore, però, è stato trovato un raccoglitore con le copie dei documenti relativi a circa 1.500 contratti telefonici e secondo la procura era tra quei documenti che venivano individuate le vittime ideali, cioè i compratori fasulli di mobili da far finanziare.
Ieri davanti al collegio giudicante formato dai giudici Coniglio, Scolozzi e Cittolin, pm Pavone, hanno testimoniato tra gli altri l’ex titolare del Discount del Mobile e l’imputato Longobardi che ha spiegato quali erano i suoi incarichi all’interno dell’azienda, oltre a riferire degli stipendi mai riscossi da lui e dagli altri dipendenti, prima del fallimento dell’azienda. Il pm Pavone si è opposto alla testimonianza dei presunti “complici” già usciti dal processo, perché non hanno mai riferito sulla loro responsabilità. Il processo è stato aggiornato.
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