Fondo terrorismo Calonego chiede di poter parlare al prefetto Esposito

BELLUNO. Calonego parlerà con il prefetto. Il tecnico rapito in Libia nel 2016 e rilasciato dopo 47 giorni di sequestro non si arrende dopo la sua esclusione dal fondo delle vittime del terrorismo e ha dato mandato all’avvocato di fiducia Giorgio Azzalini di combinargli un incontro con Francesco Esposito: «Il prefetto è il nostro interlocutore principale», osserva Azzalini, «ed è a lui che dobbiamo fare riferimento, per cercare di sbloccare una situazione, che ci sembra paradossale. Come si fa a sostenere che i rapitori di Danilo Calonego non fossero dei terroristi? Erano pronti a vedere lui e gli altri due ostaggi allo Stato islamico e volevano qualcosa come 4 milioni di euro».

Eppure nelle motivazioni della Procura della Repubblica di Roma si legge che «con procedimento penale venivano aperte attività di indagine relativa al sequestro del cittadino italiano Danilo Calonego avvenuto in data 19 settembre 2016 in località Ghat (Libia). Dalle indagini effettuate dalla polizia giudiziaria, non sono emersi elementi certi della matrice terroristica del sequestro. Calonego è parte offesa e non ha ancora potuto leggere gli atti. Questione d tempo, perché «faremo un accesso», riprende Azzalini, «per avere un’idea più precisa di quello che può essere successo e scoprire il motivo per cui la magistratura è arrivata a delle conclusioni, che francamente non possiamo condividere, ma che devono per forza avere un qualche fondamento».

Calonego è tornato in Marocco, dove vive abitualmente con la moglie Melika e le tre figlie, ma è pronto a salire su un aereo, se dovesse concretizzarsi la possibilità di un incontro chiarificatore con il prefetto. Sostiene di avere diritto al benefici previsti dalla legge 302 del 1990 e si sente abbandonato da quello Stato, che pure qualcosa deve aver pagato per la sua liberazione: «Noi siamo disponibili in qualsiasi momento, compatibilmente con il tempo necessario ad arrivare in Italia dal Maghreb», conclude Azzalini, «è vero che il mio assistito non ha rispettato il termine dei dieci giorni per le proprie osservazioni e la produzione di nuova documentazione, ma non disperiamo di arrivare a una soluzione diversa da quella prospettata dalla Procura di Roma». —

G.S.



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