Fotogrammi di sesso nei video in procura. «I gestori sapevano»

Pavone certo che nel locale di Feltre si esercitasse la prostituzione. De Cian si sarebbe accorto di una telecamerina nel privé

FELTRE. Qui qualcuno ci spia. Mentre il ristorante Tre Gai risulta chiuso per ferie, in attesa del provvedimento della questura e i gestori Gianluigi De Cian e Fatima Rhourab rimangono in carcere tra Pordenone e Venezia Giudecca, emergono dalle indagini della procura per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione alcuni retroscena magari meno piccanti, ma più curiosi.

De Cian si era accorto di una telecamerina attaccata all’interno di un privè del seminterrato: l’aveva staccata e portata in questura, per denunciare il fatto che qualcuno non si faceva gli affari suoi. Questo qualcuno erano i carabinieri di Feltre: gli altri occhi elettronici sono rimasti attivi e hanno fatto il loro mestiere nella penombra, documentando gli incontri tra le ragazze e decine di clienti feltrini e trevigiani nel locale.

Venerdì il 58enne di Sedico e la 33enne di origine marocchina hanno risposto alle domande dei gip Binotto e Marchiori, assistiti dall’avvocato Sandro De Vecchi, dicendo che la colpa di eventuali atti sessuali non autorizzati era tutta delle donne. Quello che potevano fare era uno strip fino all’intimo o sorseggiare del vino buono, tra una chiacchiera e l’altra. A maggior ragione, dopo una precedente indagine, con tanto di richiesta di rinvio a giudizio per gli stessi reati.

Ma il procuratore Francesco Saverio Pavone spiega di aver selezionato una serie di fotografie, nelle quali il sesso è esplicito. E nei dialoghi, si parlerebbe più di preservativi che di bollicine. Sicuramente ci volevano 50 euro per entrare nel privè: metà alla ragazza e metà ai gestori, che emettevano scontrini con importi di pochi soldi, che secondo gli investigatori servivano a qualificare la prestazione.

Le indagini erano partite da esposti anonimi di persone esasperate per il viavai di gente in via Villapaiera. I clienti sono stati identificati dalle targhe e in questi giorni stanno facendo la coda in caserma, per testimoniare. Se non dicono la verità, rischiano il favoreggiamento; dovessero mentire al pm sarebbero false informazioni; infine c’è la falsa testimonianza durante il processo. Diversamente non hanno commesso reati, al massimo se la vedranno con la moglie. Saranno ascoltate anche le ragazze, naturalmente.

Non è scattato il sequestro del locale, perché De Cian e Rhourab erano in affitto. Il proprietario rischia solo se era a conoscenza del fatto che vi si consumavano reati. In questo caso, violerebbe la legge Merlin e potrebbe essere condannato a una pena tra i due e i sei anni, oltre a una multa fino a 10 mila euro. I due indagati aspettano che gli atti arrivino al gip di Belluno dal Friuli e dalla laguna. Cinque giorni di tempo da venerdì, per sapere se dovranno rimanere in prigione, come vorrebbe Pavone, o torneranno in libertà o saranno messi ai domiciliari, come spera il legale De Vecchi.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi