Frana di Alverà, scagionati gli amministratori
Tragedia di Alverà: il Comune non c’entra nulla. Semmai la responsabilità per la morte di Carla Catturani può essere di Veneto Strade. La Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione per l’ex sindaco ampezzano Andrea Franceschi, il suo ex assessore Stefano Verocai e il responsabile dell’ufficio Lavori pubblici Stefano Zardini Lacedelli. Mentre il pubblico ministero Roberta Gallego chiederà il processo per l’ipotesi di reato di omicidio colposo a carico di Sandro D’Agostini, che è stato referente per il Bellunese dell’ente gestore delle strade regionali.
Le indagini sulla frana staccatasi dalla Porta del Cristallo, che il 4 agosto dell’anno scorso aveva fatto esondare il torrente Bigontina, trascinando con la sua furia la macchina della donna mentre si trovava sul ponte della strada regionale 48, avevano coinvolto anche i tre amministratori, nelle rispettive posizioni di garanzia. Ma tra nuovi interrogatori e memorie difensive, i loro avvocati hanno convinto il magistrato che quel tratto è di esclusiva competenza di chi si occupa della sua manutenzione. La parola passa, in ogni caso, al giudice per le indagini preliminari, anche se la famiglia Catturani dovesse presentare un’opposizione all’archiviazione.
Secondo gli inquirenti, quel tragico evento si sarebbe potuto evitare. Magari con un semaforo, come nella vicina località di Acquabona o con cartelli utili ad avvisare del potenziale pericolo. Per fare un altro parallelo, quello che è successo ad Alverà è del tutto diverso da Cancia, nel senso che lo straripamento del torrente è stato qualcosa di quasi inevitabile. Per scongiurarlo, sarebbe stato necessario fare interventi di grande portata. Ma un nubifragio, come quello che causò il distacco, è ormai abbastanza frequente in montagna.
Dunque, non si trattava di concentrarsi sulle azioni messe in campo per evitare o meno che il corso d’acqua superasse gli argini, ma su tutto quello che bisognava fare per impedire ai cittadini di ritrovarsi in una situazione di pericolo. Le possibilità non mancavano: dalla costruzione di una centrale di rilevamento dei movimenti franosi, a una cartellonistica adeguata e fino a un impianto d’illuminazione. All’epoca dei fatti, quasi tutti gli indagati non erano più al loro posto: D’Agostini non era più a Belluno e il Comune di Cortina era guidato dal commissario straordinario Carlo De Rogatis. Quest’ultimo doveva sbrigare l’ordinaria amministrazione. —
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