Frana di Piei, l’allarme resta massimo

Incontro pubblico con i tecnici ieri in municipio a Lamon, eseguiti i primi drenaggi ma la massa continua a scivolare a valle

LAMON. Non si sa quando, né se mai si fermerà. Si sa solamente che la frana di Piei continua a muoversi. Ogni giorno macina qualche millimetro, nell'arco di una settimana fa uno, anche due centimetri verso valle, dove ad attenderla c'è il lago Senaiga, anche se Enel produzioni assicura che il bacino non verrà coinvolto. Ma i bellunesi hanno la memoria lunga sui tremendi fatti del Vajont. E i lamonesi non riescono a cacciare quel fantasma. Il timore è che non si stia facendo abbastanza per tutelare terre e case della frazione, minacciata da un fronte franoso che si estende per 13 mila metri quadrati e che è profondo dai 6 ai 10 metri.

Il materiale in movimento è tanto: si parla di circa 100 mila metri cubi (dal monte Toc è scesa una massa da 270 milioni, per intenderci sulle sproporzioni). Qualche rassicurazione in più è arrivata però ieri nella sala consiliare, a margine di un incontro voluto dal Comune tra gli abitanti della frazione e i geologi e i tecnici provinciali che stanno facendo studi di dettaglio e continue indagini geognostiche e geofisiche sulla frana. Una cosa è certa ed è sotto l'occhio di tutti: «La frana continua a muoversi e a una velocità assolutamente eccezionale e imprevista», come dice Stefania Bassani dell'ufficio Difesa del Suolo della Provincia. «Abbiamo messo in campo tutta una serie di strategie atte a proteggere l'abitato», enumera la geologa, «è stato imbullonato il sentiero che costeggia il fabbricato lesionato, installate stazioni di monitoraggio che vengono controllate ogni due, tre giorni, commissionati a una ditta esterna quattro sondaggi a carotaggio continuo nei punti cardine del fronte. Sono stati inoltre interrati dei tubi contenenti delle sonde in grado di rilevare i minimi movimenti del terreno, una canna piezometrica per la misurazione dei livelli dell'acqua e dei semplici paletti rossi che mostrano lo scorrimento del terreno a vista d'occhio».

Gli scavi hanno restituito numeri preoccupanti: «Nel punto più alto la dorsale rocciosa si incontra attorno ai 10 metri di profondità. Al piede della frana invece la roccia si trova soltanto a meno 38-40 metri, sommersa da ghiaia e terreni argillosi», aggiunge il geologo Alessandro Pontin, che con Tiziano Padovan si è occupato dello studio preliminare. Questo significa che il terreno è tutt'altro che stabile.

Il problema qui pare essere proprio l'acqua: «La dorsale di ghiaia e argilla, che è il punto più critico, è attraversata da un'importante circolazione di acqua», precisa Pontin, «d'altronde la frazione di Piei è piena di sorgenti». Il materiale ghiaioso si vede anche nella valletta che si tuffa nel Senaiga, anche se a contenere lo scivolamento ci sarebbe la barriera naturale di col Pieron. Il terreno, al momento, non risponde al coefficiente di sicurezza: «Abbiamo registrato valori inferiori all'1, ovvero vincono le forze destabilizzanti. Ma in un punto dove abbiamo eseguito un primo drenaggio, il valore è salito a 1,2, il che ci fa ben sperare».

Scavare pianali superficiali per consentire il deflusso dell'acqua sembra essere l'unica soluzione praticabile. Oltre a questo, tutta la prevenzione possibile. «Non siamo qui per allarmarvi ma nemmeno per rassicurarvi», ammette il sindaco Vania Malacarne, «sulla frana di Piei sono stati installati dei sistemi per il monitoraggio a distanza in grado di avvisarvi a ogni ora del giorno e della notte. Qualunque cosa succeda, verrete avvisati per tempo». Nessuno sa dire se le case saranno o meno trascinate a valle dalla frana. L'importante è stare all'erta. Il Piano di emergenza della Protezione civile è in fase di stesura.

Francesca Valente

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