Franceschi, in Appello pena ridotta a 9 mesi

In primo grado l’ex sindaco di Cortina era stato condannato a 3 anni e 6 mesi. Sconti anche agli assessori Pompanin e Verocai e  all’imprenditore Sartori. Cancellato il risarcimento di 10 mila euro alla dirigente Tosi, che dovrà anche pagare le spese del processo di secondo grado
Andrea Franceschi e l'avvocato Antonio Prade
Andrea Franceschi e l'avvocato Antonio Prade
VENEZIA. La Corte d’Appello di Venezia tira il freno e segna un punto di svolta per l’ex sindaco di Cortina Andrea Franceschi, per il suo vice Enrico Pompanin, per l’assessore Stefano Verocai e per l’imprenditore Teodoro Sartori. Il collegio giudicante ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado del tribunale di Belluno con uno sconto di pena nei confronti dei quattro imputati, tutti sotto i 9 mesi, e il rigetto dell’appello dalla parte civile, con la revoca del risarcimento deciso in primo grado.


La sentenza.
Sono da poco passate le 19 quando i giudici veneziani leggono il dispositivo di sentenza: 9 mesi di reclusione e 200 euro di multa per Franceschi, che in primo grado era stato condannato a 3 anni e 6 mesi; 8 mesi di reclusione e 140 euro di multa per Enrico Pompanin e Teodoro Sartori, che erano stati condannati rispettivamente a 2 anni e 8 mesi e 2 anni e 6 mesi a Belluno; 4 mesi a Stefano Verocai, che originariamente avrebbe dovuto scontare 1 anno e 4 mesi. Pena sospesa e non menzione per tutti gli imputati. Nei confronti degli amministratori pubblici i giudici di Venezia hanno uniformato l’interdizione dai pubblici uffici, ma solo per la durata della pena, compreso Franceschi, che originariamente si era visto condannare a un’interdizione di 5 anni. Rigettato l’appello di Emilia Tosi, che dovrà pagare le spese processuali di secondo grado e che si è vista revocare anche il risarcimento danni della sentenza di condanna. I giudici si sono riservati 90 giorni di tempo per le motivazioni della sentenza che saranno utili agli avvocati e all’accusa per chiarire cosa abbia, tra la turbativa d’asta e la di minaccia a pubblico ufficiale, pesato di più nella riforma della sentenza.


Genesi di un processo.
La Corte d’Appello di Venezia ha quindi deciso di rallentare la corsa del «treno» - così lo ha definito il legale della difesa Franceschi Antonio Prade - che in questi anni ha «incastrato» l’ex sindaco. «Voi avete capito perché si è arrivati a questo processo» ha spiegato in aula Prade durante le repliche, «perché nella vita amministrativa di Cortina dei temperamenti sono andati oltre fino a creare un treno che non si è più fermato e ha incastrato Franceschi in modo da farlo uscire con una pena di primo grado che non ha paragoni con altre situazioni».


Da mattina a sera.
Per gli imputati la lunga giornata in laguna inizia di prima mattina. Il primo ad arrivare a palazzo Grimani, una delle sedi della Corte d’Appello, è l’ex sindaco Franceschi. In attesa che venga aperta l’aula riguarda le sue carte, si prepara all’udienza che lo vedrà anche rilasciare delle dichiarazioni spontanee. Poi, uno dopo l’altro, arrivano gli altri imputati e i loro legali. Non manca praticamente nessuno. Enrico Pompanin, Stefano Verocai, Teodoro Sartori. Gli avvocati Pierangelo Conte, Massimo Antonelli e Antonio Prade del foro di Belluno, Michele Godina di Padova, Gaetano Pecorella, elegantissimo, da Milano. Manca solo il legale veneziano Domenico Carponi Schittar, sostituito da Conte. Presente anche Sandro De Vecchi, avvocato di parte civile, insieme alla sua assistita Emilia Tosi, che però non si fermerà fino alla lettura del dispositivo.


L’udienza.
Con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia entra in aula il collegio presieduto dal giudice Federica Pirgoli e composto da Francesco Giuliano e Elisa Mariani. L’aula è piccola, antica come il palazzo che la ospita. Imputati e legali riempiono quasi tutti i pochi posti a sedere, tutto si svolge in pochi metri quadrati e non serve il microfono. Il primo a prendere la parola è il procuratore generale Giuseppe Salvo per replicare alle arringhe dei legali. Sono passati quasi due mesi dall’ultima udienza, è lo stesso procuratore generale a ricordarlo ai giudici, sottolineando però la necessità di «confutare alcuni passaggi». Eccoli, snocciolati uno dopo l’altro, citando sentenze su sentenze, entrando talvolta in questioni molto tecniche. Su un punto si sofferma a lungo: «Si è fatto un uso improprio del termine voto di scambio», spiega il procuratore generale, che parla invece di «accordo spartitorio».


La replica delle difese.
Tocca poi alle difese e nessuno si sottrae alle repliche, che tuttavia sono piuttosto contenute. C’è tempo anche per ascoltare le parole di Andrea Franceschi, che racconta la sua esperienza di sindaco, ammette di avere «un carattere spigoloso che non ha aiutato», ma ribadisce la sua innocenza. Dopo di lui prendono la parola Pompanin e Sartori. Poco prima dell’ora di pranzo i giudici si ritirano in camera di consiglio. Ci vorranno delle ore per arrivare alla sentenza, il cui dispositivo è stato letto poco dopo le 19.


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