Franceschi libero ma cacciato da Cortina
CORTINA. Andrea Franceschi non è più ai domiciliari ma ha l’obbligo di dimora fuori Cortina. Lo ha deciso il Tribunale del riesame di Venezia, restituendogli la libertà ma impedendogli per ora di tornare ad essere sindaco.
Franceschi da ieri può così uscire, comunicare, incontrare persone, cosa che dal 24 aprile non ha più potuto fare. Ieri è arrivato a San Vito verso le 18: si è fermato in un albergo dove resterà alcuni giorni. Ha riabbracciato i genitori e con la famiglia è andato a mangiare una pizza. Tornato in libertà ha potuto comunicare e il suo primo pensiero è stato un ringraziamento, inserito sul suo profilo Facebook, a tutti coloro che lo hanno incoraggiato.
Un ringraziamento a cui sono seguiti in pochi minuti tante di frasi di incoraggiamento per il futuro, visto che la vicenda non è chiusa.
«Sto bene», ci dice Franceschi al telefono, «sono sempre stato su di morale, non mi sono incupito». Come ha passato questi 21 giorni ai domiciliari? «I primi giorni», risponde Franceschi, «li ho vissuti a studiare i faldoni dell'inchiesta per prepararmi per l'interrogatorio e sono volati via in fretta. Poi avendo l'obbligo di continuare a stare a casa le cose sono due: o ti deprimi o reagisci e vai avanti. Per fortuna, e soprattutto grazie alla mia famiglia e al sostegno di tanti, ho reagito e sono andato avanti. La mattina mi sono sempre alzato presto. Mi sono vestito in giacca e cravatta, con la mia spillina di Cortina, come ho fatto tutte le mattine negli ultimi anni, e poi ho riempito le giornate. Sono stato tanto con mio figlio Stefano e con mia moglie Martina e questo è stato positivo, dato che con gli impegni amministrativi spesso si rischia di trascurare la famiglia. Ho letto tantissimi libri, ho rispolverato il pianoforte e mi sono messo a suonare, anzi diciamo a strimpellare. Ho fatto attività fisica, mi sono fatto portare una bici da casa, un tappetino e così mi sono tenuto in forma. Ho sempre letto i giornali. L'unica cosa è che non potevo comunicare, non potevo spiegare, dire la mia, ma non ero scollegato dal mondo, e la gente ho visto che ha capito tante cose lo stesso».
Martedì suo figlio Stefano compiva due anni, come avete festeggiato? «È stato bello e anche difficile», ammette Franceschi, «perché avremmo voluto fare la festa a casa con parenti e amichetti come fanno tutti. Invece Stefano ha fatto il giro con Martina a domicilio dai parenti e in casa abbiamo festeggiato noi tre con la torta e i regali. State tranquilli, sono passati questi venti giorni, anche grazie alla fiducia che mi è arrivata costante e da più parti».
La minoranza chiede le sue dimissioni: ci ha pensato? «Ci sarà tempo e modo per commentare, esporre, rispondere alle accuse nate da parole cattive divenute macigni. Non mi ha sorpreso la richiesta, né il comportamento della minoranza. Oggi però è il tempo del ringraziamento e della quiete. Ho sentito sempre l'affetto della gente. Per la mia famiglia, per i miei genitori, per il mio bambino, dico grazie alle tantissime persone che hanno espresso la loro vicinanza e solidarietà umana sotto le finestre che non potevo aprire e a coloro che per strada fermavano Martina e i miei genitori per esprimere solidarietà. Adesso non posso tornare a Cortina. I legali capiranno per quanto e poi deciderò se rimanere in albergo, se si tratta di pochi giorni, o se pensare ad una soluzione alternativa che mi consenta di dare la buonanotte a mio figlio. Nonostante tutto, nonostante sia stato costretto al confino come un mafioso e da oggi debba dare la buonanotte al mio Stefano per telefono, nonostante tutto io so di essere una persona fortunata. Ed anche un montanaro un po' scorbutico come me alla fine si è commosso da tanto affetto».
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