«Francesco somiglia molto a Giovanni Paolo I»

Il cardinale Pietro Parolin ricorda il senso dell’humor in entrambi e la capacità di far sentire la vicinanza con Dio. «Auspico che la beatificazione arrivi a breve»
Di Francesco Dal Mas

CANALE D'AGORDO. C'è un filo rosso che lega Giovanni Paolo I a papa Francesco. «È indubbiamente quello della misericordia», afferma il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

Ciò che oggi testimonia Bergoglio è di fatto quanto cercava di praticare Luciani?

«Sì. Con il suo atteggiamento ha testimoniato l'amore misericordioso di Dio, la vicinanza di Dio e della Chiesa alla gente, ai suoi problemi, e alle sue difficoltà. E mi pare che papa Francesco sia, anche fisicamente, su questa linea».

Visitando il nuovo museo, lei si è molto interessato alla vita di questa gente ai tempi del bambino e del giovane Luciani. Ha chiesto informazioni sull'emigrazione del tempo.

«Albino Luciani è il frutto di questa realtà. E lo ha dimostrato in tutto il percorso della sua vita. Non è stato un fenomeno isolato, è una realtà straordinaria che si è inserita in questo humus culturale e religioso, del Veneto e del suo tempo».

Oggi, lei stesso ha detto, l'emigrazione è quasi scomparsa (anche se ritorna con i giovani). Il Veneto è, invece, terra d'immigrazione. E tanti veneti sembrano non aver imparato la lezione.

«Il papa e la Chiesa insistono perché ci sia un atteggiamento di apertura ed accoglienza. Le soluzioni devono essere cercate a partire da questo. La soluzione va cercata insieme, evidentemente nessuno ce l'ha in tasca. Questo è un problema grosso che coinvolge tutto il nostro mondo».

Lei, parlando di Luciani qui a Canale, ha fra l'altro ricordato l'humor di Giovanni Paolo I. E, guarda caso, l'ironia non manca neppure in papa Francesco.

«Sì, non manca nell'uno e nell'altro. È tipico dei veneti questo tocco che serve a sdrammattizzare le cose, le situazioni. Papa Francesco insiste molto, anche lui, su questo. Mi dice spesso che è importante questo humor che permette di tenere la giusta distanza dagli avvenimenti. Non vuol dire sottovalutarli o non tenerli nella giusta considerazione. Anzi. Alla fine, comunque, tutto è nelle mani di Dio. E proprio da qui nasce questo senso di humor».

Un humor in salsa veneta, dunque, quello di Luciani.

«L'antica indole veneta aveva insegnato a Luciani anche quel realismo e la fine vena di humor, che viene dalla gente umile che aveva conosciuto fin dall'infanzia e fino alle periferie industriali lagunari. Un humor che, come ho detto, ridimensiona gli sfoghi delle tensioni e la superbia intellettuale».

Nella solenne concelebrazione a Canale lei ha voluto ricordare i terremotati. Da non dimenticare che il disastroso terremoto in Friuli, nel 1976, vide partecipe Luciani come patriarca di Venezia e presidente della conferenza episcopale triveneta. Fu lui che inviò in Friuli il padovano mons. Giovanni Nervo che da direttore della Caritas italiana contribuì in misura determinante al “modello Friuli” della ricostruzione, quella dal basso.

«Il ricordo nella preghiera, come abbiamo fatto, è una delle forme per essere vicini a questi fratelli che stanno soffrendo così tanto. Abbiamo ricordato le vittime, ma abbiamo pregato anche per i feriti e per gli stessi volontari, che li stanno aiutando a reagire».

Di fronte ad eventi tragici come questi, da apocalisse, c'è chi si chiede se Dio esiste davvero.

«Il male è un problema di sempre. In questo caso siamo di fronte ad un male della natura. Come conciliare fatti così drammatici con la bontà, anzi con l'amore di Dio è un problema di sempre, che percorre la storia. La risposta non può essere che quella dell'affidamento. Il Signore non ci salva dalla croce, ma attraverso la croce».

Concludiamo con la beatificazione di papa Luciani.

«Ma non sono il prefetto della congregazione delle cause dei santi».

D'accordo, ha già detto in questi giorni che il suo auspicio è che la causa si concluda presto.

«Io mi auguro che si possa procedere e che si possa arrivare all'auspicato riconoscimento».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi