Fuma cannabis, carabiniere licenziato

Inchiodato dagli esami del sangue per il rinnovo della patente: i giudici confermano la decisione dei vertici dell’Arma

BELLUNO. Si era presentato al servizio sanitario del Settimo Reggimento Alpini di Belluno per sottoporsi all’esame di rito per il rinnovo della patente militare. Ma gli esami del sangue rilevarono la positività ai cannabinoidi. Per questo motivo, un carabiniere in servizio alla centrale operativa del Comando provinciale di Belluno, nel luglio del 2009, fu congedato dall’Arma con la conseguente perdita del grado. La divisa delle forze dell’ordine, che sono quotidianamente impegnate nella lotta allo spaccio, secondo i vertici dell’Arma, non poteva essere indossata da una persona che faceva uso di sostanze stupefacenti. In altre parole, il carabiniere fu licenziato.

La vicenda, coperta dal massimo riserbo per quasi tre anni, è venuta a galla qualche giorno fa, quando il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del carabiniere feltrino, in servizio a Belluno, che chiedeva di essere riassunto nell’Arma, con la restituzione del grado di appuntato scelto, confermando così la sentenza del Tar di Venezia, emessa nel novembre del 2009. I giudici della Quarta sezione (Giorgio Giaccardi - presidente, Diego Sabatino - giudice estensore) hanno, infatti, ritenuto infondato l’appello del legale dell’ex carabiniere, risultato positivo ai cannabinoidi durante gli esami medici per il rinnovo della patente militare. Il licenziamento fu deciso dai vertici dell’Arma che puntarono il dito sulla condotta biasimevole sotto l’aspetto disciplinare del carabiniere “in quanto contraria ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di un militare ai doveri attinenti al giuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità di un appartenente all’Arma, impegnata prioritariamente in attività di contrasto, preventivo e repressivo del traffico di stupefacenti”.

Ed è proprio questo uno dei motivi che hanno indotto i giudici del Consiglio di Stato a respingere il ricorso del carabiniere.

Da parte sua il legale dell’ex militare dell’Arma ha puntato la sua “arringa” sulla sproporzione tra il provvedimento di licenziamento adottato dai vertici della Benemerita e l’uso occasionale di uno “spinello” da parte del suo assistito. A questo punto i giudici hanno replicato rimarcando che “al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, il fatto in sè, ossia l’assunzione di sostanze stupefacenti da parte di un appartenente alle forze di polizia, non configura affatto un fatto di lieve entità, andando ad incidere sui doveri istituzionalmente attribuiti all’ente di appartenenza e configurando una concreta violazione degli obblighi assunti con il giuramento”.

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