Fusioni dei Comuni, ora interviene il Tar

La legge Calderoli del 2010 avrebbe problemi di legittimità. Scopel: viola la libertà degli enti locali

BELLUNO. Nella battaglia per la difesa dei presidi sul territorio, i piccoli Comuni ottengono un primo, ma significativo, risultato. Il Tar del Lazio ha infatti dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge Calderoli 2010, che obbliga i piccoli Comuni a delegare le funzioni fondamentali, avviandoli di fatto ad una fusione coatta.

A rivolgersi al tribunale amministrativo regionale erano stati i cinque Comuni campani di Liveri, Baia e Latina, Dragoni, Teora e Buonalbergo, che insieme all’associazione per la Sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali e sostenuti dall’Anpci (associazione dei piccoli Comuni) chiedevano l’annullamento della circolare ministeriale del 12 gennaio 2015, che ha applicato la legge Calderoli. Il Tar del Lazio, con l’ordinanza emessa il 25 ottobre dello scorso anno e resa pubblica qualche giorno fa, pone seri dubbi di costituzionalità sulla Calderoli: «Il provvedimento rileva che la legge contrasta con i principi di buon andamento, differenziazione e tutela delle autonomie locali, contrasta l’autonomia organizzativa e finanziaria degli enti locali e viola la Carta Europea dell'autonomia locale», spiega il sindaco di Seren del Grappa Dario Scopel, referente regionale Anpci.

Il Tar ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale, chiedendo appuri definitivamente se la legge Calderoli è incostituzionale. «Questo è un altro passo che dà ragione ad Anpci, che sostiene da sempre la violazione della libertà degli enti locali», continua Scopel. «Se la Corte costituzionale dovesse confermare i dubbi del Tar, ciò farebbe cadere ad esempio l'obbligo di delegare le funzioni fondamentali del Comune, il che rappresenta di fatto l’avvio alla fusione coatta. Credo sia giunto il tempo di smetterla con leggi e riforme pastrocchio fatte con l’arroganza di una politica che vuole passare sopra il territorio invece di lavorare con e per esso. Anpci è disponibile da sempre ad un dialogo costruttivo, ma la linea tenuta fino ad ora dai governi è stata quella di dialogare solo con Anci, che purtroppo risulta lontana anni luce dai problemi che vivono le comunità, in particolare quelle marginali. Di recente c’è stata un’apertura verso i piccoli Comuni da parte del nuovo presidente. Speriamo si continui perché le soluzioni vanno trovate parlando con i cittadini e partendo dai territori, anche e soprattutto da quelli più piccoli».

Scopel ricorda che «i piccoli Comuni sono il punto da cui ripartire, e non un nodo da eliminare. Non ci siamo mai tirati indietro quando si è trattato di associare i servizi, operazione che può dare benefici al territorio. Nelle situazioni in cui fare sistema si è rivelato vincente, lo abbiamo fatto. Ma non si possono obbligare i Comuni sotto una certa popolazione a delegare le funzioni, questo è un andare oltre».

Ora si attende la pronuncia della Corte costituzionale. (a.f.)

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