Galleria di Coltrondo «Il miracolo dell’unità»

In due anni portati a casa 55 milioni. Delrio: ora sotto con la ferrovia

SANTO STEFANO DI CADORE. Solo due anni fa la frana di Coltrondo, in Comune di Santo Stefano di Cadore. Ed ecco i 55 milioni per la costruzione della sospirata galleria. Un miracolo, dicono oggi in molti a Belluno e dintorni, pensando, per contro, cosa è accaduto con Col Cavalier. E, nel caso comelicense, i meriti sono di tutti: del sindaco Alessandra Buzzo e della sua gente, che si sono inventati perfino un movimento popolare; del governatore Luca Zaia, che ha inserito il tunnel al vertice delle priorità infrastrutturali del Veneto; del ministro Graziano Delrio, che non ha tergiversato; dell'Anas stessa, che non è ricorsa alle solite furbizie sulla tempistica.

A poche ore dalla delibera del Cipe per quei 55 milioni, ieri mattina Roger De Menech s'è sentito chiamare al telefono da Del Rio. Che da una parte è stato confermativo e dall'altro rassicurante sulle opere attese. «Abbiamo finanziato la viabilità per i Mondiali di sci, abbiamo finanziato Coltrondo, l'elettrificazione fino a Vittorio Veneto e a Montebelluna, adesso è nei nostri programmi trovare i finanziamenti per completare l'anello basso Feltre, Belluno, Ponte nelle Alpi», ha garantito il ministro delle infrastrutture, che, non lo si dimentichi, gode della massima fiducia del presidente della Regione.

La frana di Coltrondo ha creato, tra l'autunno e l'inverno 2014, un sacco di problemi ai comelicensi, costretti a transitare per la strettoia pericolosa di Bus de Val o a circumnavigare la valle salendo sul passo Sant'Antonio. Il ritorno del traffico sulla Statale 52 carnica è da allora regolato da un semaforo. Le difficoltà, dunque, sono continuate. Ma in due anni, il Comelico è riuscito non solo a farsi finanziare un traforo, la cui costruzione andrà in appalto nel 2019, per essere terminato entro il 2022, ma anche a ottenere una rinnovata messa in sicurezza della Carnica, con il prolungamento della galleria paramassi: 30 metri da una parte, 70 dall'altra.

E come riconosce il sindaco Buzzo, «il risultato non sarebbe stato possibile, prescindendo da una forte unità d'intenti». Unità che Zaia e Delrio vogliono mantenere anche per quello che si presenta come il “sogno” dei bellunesi, una rinnovata ferrovia con il collegamento fino a Cortina e poi a Dobbiaco. “La cura del ferro” la chiama lo stesso Delrio. «È uno dei punti qualificanti del governo. Stiamo investendo sui grandi assi di comunicazione, sul potenziamento dei collegamenti ferroviari nei porti e vogliamo dare le medesime opportunità alle aree poco e mal connesse. Finora sono stati a torto considerati “rami secchi”. Sta a noi valorizzarli e tramutarli in asset strategici per il territorio. Per il Bellunese e le Dolomiti c'è l'impegno mio personale, del ministero e del governo a un ampio programma di ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria».

Ed è quanto, nella sostanza, ha sempre ripetuto Zaia. Ma Coltrondo, da una parte, e il treno delle Dolomiti dall'altra, sono opere condivise anche dai vari De Menech, Piccoli di Fi, D'Incà del M5S, Bellot di “Fare”. Tutti con la stessa forza e determinazione. «Ci siamo riusciti grazie soprattutto alla capacità degli amministratori locali, sindaci in primo luogo», riconosce De Menech, «a stilare un elenco delle priorità e a mettere da parte le aspettative dei singoli Comuni in favore di una visione complessiva della provincia. Può apparire retorico, ma è stato un bel lavoro di squadra. Adesso è il momento di concentrarci sulla ferrovia: l'elettrificazione comporta cambiamenti importanti nella mobilità, avremo un territorio più sostenibile dal punto di vista ambientale».

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