Gioco d’azzardo, Belluno è la Las Vegas della provincia
Lo scorso anno sono stati giocati tra Gratta e vinci e lotterie ben 79 milioni di euro vale a dire circa 2.201 euro a testa
BELLUNO. Altro che 184 milioni. Lo scorso anno in provincia di Belluno sono stati giocati in “Gratta e vinci”, lotterie varie e slot machine 260.322.000 euro. «A fine maggio, nel convegno a Villa Carpenada sul gioco d’azzardo patologico, avevamo già messo un punto di domanda sui dati 2016 fornitici dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Roma: ci sembrava impossibile che gli importi fossero in calo rispetto al 2015», ricorda Marco Rossato del Coordinamento Slotmob. «Proprio per questo un mese e mezzo fa abbiamo chiesto un chiarimento all’Agenzia stessa, che nei giorni scorsi ci ha fornito i dati corretti».
La risposta arrivata da Roma lascia un po’ perplessi, visto i prospetti aggiornati del 2016 e la variazione degli importi giustificati da «operazioni recenti di conguaglio». Quel che è certo, però, è che i dati forniti sono ancor più allarmanti e fanno capire quanto la problematica del gioco d’azzardo in provincia sia tutt’altro che marginale.
Coordinamento Slotmob e Centro studi bellunese, sulla base dei dati dell’Agenzia, hanno elaborato una sorta di “classifica”. «La raccolta totale di ogni comune, ossia il volume giocato, è stato diviso per il numero degli abitanti, dai neonati ai centenari, arrivando così a stabilire il dato pro capite», fanno presente Rossato e Cristina De Donà. «Se ai primi due posti ci sono comuni interessati da flussi turistici, ossia Alleghe (2 milioni e 846 mila euro giocati, 2. 325 pro capite) e Cortina (13 milioni e 674 mila, 2. 315 a testa), al terzo c’è Belluno, che può essere considerata «la “Las Vegas” a livello provinciale», commenta Rossato. Nel capoluogo sono stati, infatti, giocati quasi 79 milioni di euro, per un pro capite di 2.201 euro.
Nella classifica, con un pro capite superiore alla media provinciale, che è di 1.258 euro, seguono Santa Giustina (13 milioni e mezzo di giocato, 1.994 a testa), Cencenighe Agordino (2 milioni e mezzo, 1.862), Calalzo (3 milioni e 655, 1.753), Feltre (36 milioni, 1.744), Seren del Grappa (4 milioni, 1.609), San Nicolò di Comelico (650 mila, 1.600), Vodo (un milione e 235 mila, 1.448), Auronzo (4 milioni e 719 mila, 1.408), Lozzo (un milione e 866, 1. 349). «Abbiamo ordinato i dati in questo modo non per condannare un comune o l’altro», precisano Rossato e De Donà, «ma per sottolineare la pesantezza del problema e l’urgenza di un intervento. Nel convegno di maggio abbiamo presentato una bozza di regolamento provinciale che garantisca una certa uniformità: i documenti già approvati da diverse amministrazioni non vanno, infatti, a toccare l’esistente, ma l’apertura futura di sale da gioco».
Guardando ancora i dati provinciali, ce ne sono altri che destano allarme: i 583 mila euro giocati in un piccolo comune come Gosaldo (905 euro pro capite), i 284 mila di Soverzene (731 a testa), ma anche i 3 milioni e 267 mila di Fonzaso (1.012), i 3 milioni di Alano di Piave (1.086), l’un milione e 857 di Lamon (643), i 149 mila di Ospitale (512) o i 314 mila di Rivamonte (495). «Bisogna togliere un velo e affrontare un vero e proprio cambiamento culturale», aggiungono Rossato e De Donà, «smettendo di pensare l’azzardo come economia che produce ricchezza e benessere. Un articolo recente di “Città nuova” ricordava che il gioco patologico costa allo Stato, in termini sociali, 30 miliardi di euro». «Un nuovo tipo di approccio dovrebbe entrare nella legge regionale, come già accaduto in Emilia».
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