Giro d’Italia, la resa dei conti sulle montagne

Oggi il Kolovrat in Friuli, domani le Dolomiti Bellunesi con San Pellegrino, Pordoi e Fedaia: Carapaz, Hindley e Landa si giocano la rosa. Contador legge le carte al terzetto

Antonio Simeoli
La maglia rosa Richard Carapaz
La maglia rosa Richard Carapaz

BELLUNO

C’è aria di resa dei conti al Giro. Severa resa dei conti, spettacolare resa dei conti. Chissenefrega se chi storce il naso per la qualità tecnica di questo Giro dice che manchi un vero campione. Avreste preferito davvero un Tadej Pogacar che lo vinceva, con una gamba sola, a dieci giorni da Verona questo Giro? Un cantore come Dino Buzzati, andatosene mezzo secolo fa e che domani sarà celebrato con la partenza da Belluno, si divertirebbe un sacco con questa due giorni di su e giù da ubriacarsi. E con questa classifica: Richard Carapaz, Ineso, in maglia rosa. A 3” Jai Hindley (Bora). A 1’05” Mikel Landa (Bahrain Victorious). Questi tre si giocheranno la maglia rosa. Dietro fino a ieri mattina c’era Joao Almeida, il portoghese che era a due minuti e che faceva paura per la crono di Verona. Aveva accusato il colpo mercoledì sul Menador. Più di altre volte in salita. Si è capito perché aveva il Covid. Secondo caso nel gruppo, brividi (ricordando il Giro d’autunno del 2020). Peccato per il ragazzo, maestro di tenacia e classe. Vincenzo Nibali (Astana) ora è quarto a 5’49”. Via con la sfida finale. L’unico di questo terzetto ad aver vinto una tappa è Hindley. E non è un particolare da poco.

Terreno per attaccare? Ce n’è. E tanto. Si parte oggi dal Friuli. Marano Lagunare-Castelmonte, santuario sopra Cividale. Sconfinamento in Slovenia e da Caporetto scalata al Kolovrat, montagna inedita per questo Giro: 10,3 km di dislivello. Pendenza media del 9,2%, subito pendenze fino al 15%. Curiosità: su quella montagna l’allora tenente Rommel nell’ottobre 1917 in pratica diede il via alla disfatta italiana di Caporetto. Da lì a Cividale prima della salita finale di Castelmonte (facilina), tanto terreno per imboscate.

Insomma, Landa, il cui compagno di squadra sloveno Jan Tatnik ritiratosi a inizio Giro avrà fatto da Cicerone, può trovare terreno fertile per eventuali attacchi. Dei tre è quello che ne ha più bisogno.

Poi? Domani l tappone dolomitico. Spaziale. Tre salite: San Pellegrino da Falcade, 18,5 km, proprio dopo la località sciistica dolomitica un paio di muri da paura. Quindi? Il “re Pordoi”: 11,8 k 6,8 pendenza media, non impossibile, ma pur sempre Cima Coppi con i 2.239 di quota.

Finale c on il Passo Fedaia. A un passo dal ghiacciao della Marmolada, quota 2.057, il redde rationem. Quattordici km 7,6% di pendenza media, Niente Serrai di Sottoguda, spettacolare Canyon abbattuto dalla tempesta Vaia, ma impennata finale col mitico rettilineo che porta a Capanna Bill in cui chi ha gambe potrà volare verso la rosa. «Chi vincerà? Non lo so, so che sarà un finale spettacolare con Hindley e Carapaz che si daranno battaglia con due grandi squadre e Landa che dovrà inventarsi qualcosa, ma può inventarsela», ha detto un grande, il 40enne Alberto Contador ieri al Giro per pubblicizzare il Virtual Giro, quello che si può correre da casa sui rulli simulando le tappe della corsa rosa.

«La Marmolada? Beh, nel 2008 ho indossato lassù la maglia rosa, quel rettilineo di Capanna Bill è infinito. Lì potrà decidersi il Giro. Contador, due anni in meno di Valverde, abbiamo il sospetto che andrebbe ancora forte al “Real Giro”. Glielo chiediamo. Risponde: «No, ormai ho smesso, mi diverto a vedere uno che ha fantasia e corre col cuore come Mathieu Van der Poel e mi alleno un po». Nostalgia canaglia. Poco ma sicuro. Ma “Il Pistolero”, due Giri d’Italia in bacheca, 2008 e 2015, uno tiratoglielo via per una vecchia questione di doping, ma vinto sul campo nel 2011, si sarebbe divertito un sacco per un finale così.

A voi allora. Lo stellone ha dato una mano a Hindley nel finale della tappa di Treviso. Foratura, poco dopo i 3 km dall’arrivo. Neutralizzazione come da regolamento, avesse forato qualche centinaia di metri prima avrebbe perso secondi preziosi, forse il Giro.

Carapaz si dichiara sempre fiducioso. Scordatevi di ricavare titoli ad effetto dalle sue parole dopo la corsa. «Dia muy duro, una tappa in meno a Verona

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