Gli allevatori chiedono aiuto al Consorzio Bim
BELLUNO. Gli allevatori bellunesi chiedono aiuto al Consorzio Bim Piave per risollevare i loro destini. Sempre più critica la situazione economica per il settore, a causa del prezzo ridotto del latte. Alcune imprese hanno già chiuso i battenti, costrette a mettere all’asta i propri bovini, mentre molte altre sono in gravi difficoltà.
L’allarme era partito diversi mesi fa, e ora si sta facendo sempre più pressante visto che la situazione si sta aggravando. «Le imprese agricole e soprattutto quelle di allevamento», precisa Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura ma anche membro del comitato Allevatori Bellunesi (comitato capitanato da Gianni Slongo) nato per sensibilizzare la popolazione e soprattutto la politica alle condizioni critiche in cui si ritrovano con la riduzione del prezzo del latte, «sono ormai allo stremo. E anche le grandi cooperative come Lattebusche fino a quando potranno resistere lavorando sottocosto?». Donazzolo spiega che «già da diverso tempo anche i nostri prodotti caseari Dop vengono venduti con un prezzo ribassato che va dal 10 al 25%. E campare così non è possibile».
E così l’altra settimana gli allevatori si sono presentati al presidente del Consorzio Bim, Umberto Soccol e al segretario Stefano Savaris per chiedere un aiuto economico, tale da garantire un futuro dignitoso e decoroso alle famiglie occupate in questo settore. In quell’occasione sono stati richiesti 4 centesimi al litro di latte per le perdite dovute alla crisi del settore lattiero-caseario, per un valore di 2 milioni di euro. «Quei 4 centesimi garantirebbero la copertura del 50% delle perdite subite nel 2015. La questione è che molte aziende di montagna non riescono a condurre l’attività zootecnica, perché l’attuale prezzo di liquidazione di un litro di latte non riesce a coprire le spese di produzione e quindi dichiarano fallimento e chiudono l’attività. Non è solo una questione di produzione di latte», spiegano meglio dal comitato, «ma anche di tenuta e conservazione del territorio: se le stalle vengono chiuse e le malghe abbandonate, a farne le spese saranno il territorio e la sicurezza idrogeologica. Non ultimo si dovrà tenere conto anche del danno economico per il Bellunese, che con questo indotto garantisce almeno 1200 posti di lavoro». E su questo punto si sofferma Slongo che ha chiesto di avviare uno studio per evidenziare e monetizzare i danni ambientali per i prossimi 10 anni. «Uno studio potrebbe supportare la richiesta in sede parlamentare di una legge specifica per i territori montani non a statuto speciale».
Donazzolo con Orazio Da Rold, Ivano De Pian e Slongo, membri del Comitato, a questo punto sottolineano come «sia importante in questa situazione coinvolgere tutte le forze istituzionali, politiche ed economiche per trovare una soluzione che metta al centro la nostra provincia e la sua gente. Pertanto, prossimamente ci collegheremo in videoconferenza con alcuni allevatori e rappresentanti dei comuni di Sondrio e Verbania, anch’essi realtà di montagna che necessitano di un supporto diverso».
Il comitato ha chiesto, inoltre, al Consorzio, la defiscalizzazione sulle accise e sulle bollette dell’energia elettrica. Nel frattempo è stata inviata una lettera alla Regione per un incontro, «ma ad oggi non ci è giunta alcuna risposta. Se le cose continueranno così saremo costretti a vendere tutto e a chiedere un impiego pubblico: una vita facile, ma a scapito del territorio», conclude Donazzolo.
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