Gli archeologi scavano in Cansiglio alla ricerca dei resti dell’uomo preistorico

Dopo 25 anni un team dell’Università di Ferrara torna in Pian di Landro. Già individuate tracce della presenza in quota dell’uomo di Neanderthal

Terra di cacciatori preistorici, il Cansiglio. Tutte le primavere gli uomini di Neanderthal vi facevano tappa muniti di frecce. Con un po' di fantasia pare di vederli appostati dietro agli alberi, intenti a seguire cervi e stambecchi per ricavarne cibo e pellicce. Le tracce millenarie dei nostri antenati sono ancora lì, al riparo di grotte e anfratti, che aspettano solo di essere scovate. Sul Pian di Landro, in località Tambre nel Bellunese, l'Università di Ferrara sta ripercorrendo la storia a ritroso di oltre 14 mila anni, grazie a uno scavo diretto dal trevigiano Davide Visentin, 31 anni, studi classici al liceo Canova e un lungo curriculum accademico. Laurea in "Quaternario, Preistoria e Archeologia”, dottorato all'Università di Tolosa, stage tra Parigi e l'Olanda, il dottor Visentin sta coordinando il progetto di ricerca in Cansiglio con la supervisione del professor Marco Peresani, che nel 1993 avviò un primo scavo in zona, portando alla luce importanti testimonianze sulla presenza dei cacciatori neolitici. A distanza di 25 anni, la seconda campagna di scavi ha ora preso il via con il supporto di Veneto Agricoltura e del Ministero della Cultura e del Turismo.

Il team di archeologi, composto da 8 membri, lavora a pieno ritmo con l'intento di individuare nuovi frammenti del passaggio dei Neanderthal dell'Alpago. Da un paio di settimane, al confine tra le province di Treviso e di Belluno, risuona quindi il rumore degli scalpelli. Il gruppo di giovani “Indiana Jones” è impegnato a setacciare terriccio nella grotta del Pian di Landro. E il sito, scoperto un anno fa, ha già restituito punte di selce, resti ossei e carboni utili a svelare dettagli importanti sulla quotidianità degli ominidi. «La presenza di siti preistorici dell'altopiano consente di ricostruire il rapporto tra uomo e ambiente e quindi di risalire al tipo di economia adottato dai gruppi di cacciatori-raccoglitori che frequentavano le zone montane» ha evidenziato il professor Peresani in una relazione firmata insieme all'esperto Giulio Di Anastasio. In che modo i cacciatori preistorici si muovevano nel Cansiglio? Com'era la loro giornata tipo? Quali caratteristiche aveva l'ambiente in cui si spostavano queste antiche tribù?

Come un libro sulle nostre origini, il Pian di Landro offre pagine da sfogliare. Le schegge di pietra servivano per scarnificare le carcasse di animali e per lavorare corna e ossa. Bulini, grattatoi e coltelli erano invece gli strumenti per fabbricare le armi, e servivano anche a conciare le pellicce e a trasformarle in caldi abiti per affrontare l'inverno. All'epoca, il fuoco era già stato scoperto e veniva considerato un alleato indispensabile per rischiarare la notte, cuocere il cibo, intiepidire i giacigli e tenere a bada gli animali selvatici. A sottolinearne i molteplici usi i resti di pigne, rami di abete, cenere e pollini che le grotte della pedemontana hanno preservato fino ai giorni nostri. I primitivi cacciavano nella conca del Cansiglio, fertile dopo il ritiro dei ghiacciai, e approfittavano per fare scorta di bacche e radici commestibili. L'area era ricca di torbiere, uno scenario certamente diverso rispetto a quello odierno, che porta ancora i segni degli interventi della Serenissima. I veneziani frequentavano la zona prealpina per recuperare fusti di faggio necessari per fabbricare i remi delle loro galee.

«La ricostruzione dell'ambiente naturale al tempo delle frequentazioni preistoriche è una tappa fondamentale utile a capire non solo sotto quale clima i gruppi umani conducevano la loro attività di sussistenza, ma anche quali erano le risorse alimentari a loro disposizione. Uno studio di questo tipo è possibile in Cansiglio dove l'impatto antropico è, se si escludono alcuni interventi recenti, sempre stato contenuto. Con il nostro progetto, di durata triennale, andremo ad approfondire aspetti della nostra ricerca», sottolinea il professor Peresani, la cui speranza è di ritrovare ogni possibile prova del Neanderthal dell'Alpago. —

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