Gli esperti: «L’attacco del bostrico è ormai esteso in tutto il Bellunese»

La Regione (settore fitosanitario) e l’Università stanno seguendo il fenomeno con un monitoraggio dall’aprile scorso

BELLUNO

Con il bostrico si deve saper convivere, consapevoli che le piante sotto stress o indebolite sono la miglior preda di questo insetto. Così come capita nell’uomo, quando sono gli individui con le difese immunitarie più basse i primi ad essere vittime di un virus. È per questo che la Regione Veneto, attraverso il suo Settore fitosanitario e con la collaborazione scientifica dell’Università di Padova, sta attuando un ampio piano di prevenzione e di contrasto, perché sono molte le piante in difficoltà dopo la tempesta Vaia.



E il bostrico si sta espandendo a macchia d’olio in tutto il Bellunese, con un’accelerazione in questi ultimi mesi che appare davvero preoccupante. «Sì, la preoccupazione è molta – conferma il prof. Andrea Battisti, ordinario di entomologia forestale all’Ateneo patavino – e la gestione del fenomeno è estremamente problematica, perché varia da zona a zona. Col bostrico, insomma, bisogna saper convivere perché sarà sempre presente nel bosco».

Ma cosa è il bostrico?

«Il bostrico dell’abete rosso (Ips typographus) è un coleottero lignicolo, lungo 4-5 millimetri, che costituisce parte integrante del ciclo naturale del bosco; in un ambiente equilibrato non causa danni rilevanti, perché attacca e fa seccare normalmente solo le singole piante indebolite, che stanno vivendo una situazione di stress, come siccità, sradicamento dell’apparato radicale, scottature della corteccia. Le piante sane, invece, reagiscono con successo a normali attacchi con l’emissione di resina».

Ma quando diventa un’emergenza?

«Quando aumenta considerevolmente il numero di piante deboli, a causa ad esempio del cambiamento climatico, del forte impatto antropico o di un evento traumatico come una tempesta».

Le piante a terra a causa della tempesta Vaia rappresentano un veicolo che favorisce la diffusione del bostrico?

«Sì, soprattutto nel primo anno dopo lo schianto, adesso già meno; le piante abbattute vengono infatti colonizzate fino a quando la corteccia è ancora fresca, quando si secca è meno aggredibile. Quindi diciamo che era un veicolo fino alla primavera scorsa, adesso non più. Ora il bostrico cerca alberi in piedi, alberi verdi, quelli ovviamente più deboli nel contesto geografico, e può portarli a morte».

Come sta andando?

«Si sta espandendo rapidamente in tutto il Bellunese, anche se potremo avere una stima precisa solo da settembre in poi, perché le piante cambiano colore durante l’estate e soprattutto deve cessare l’attività alimentare del bostrico per fare una valutazione più precisa».

Il bostrico agisce rapidamente?

«Sì, una generazione di insetti, un ciclo completo, ha due mesi di vita; durante la stagione estiva possono aversi due cicli, anche tre a bassa quota».

Ma quali azioni di contrasto sono state intraprese? Come si sta intervenendo?

«Abbiamo attivato da aprile di questo anno – spiega Valerio Finozzi, funzionario tecnico dell’Unità organizzativa fitosanitaria della Regione, guidata da Giovanni Zanini – un’ampia rete di monitoraggio, così come avevamo fatto lo scorso anno, con 70 trappole distribuite in tutta la provincia di Belluno, 16 a Treviso e 15 a Vicenza. Una attività che stiamo svolgendo in collaborazione con Veneto Agricoltura».

In quali zone ?

«In tutta la provincia, dal Feltrino all’Agordino, dalla Val Boite al Comelico, Centro Cadore, Longaronese, Zoldano, Bellunese. Negli stesse località degli anni passati per poter avere un termine di paragone».

Di cosa si tratta?

«Sono dispositivi di cattura per monitorare le popolazioni dell’insetto, scatole con tampone imbevuto di feromone, una sostanza utilizzata dagli insetti stessi per attaccare le piante in stress, ma anche per attirare individui della stessa specie».

La popolazione di bostrico è in aumento?

«I dati parziali in nostro possesso ci dicono che, rispetto alla situazione degli anni passati e dello scorso anno in particolare, la quantità di insetti è in notevole crescita».

Se fossero stati portati via dai boschi gli alberi schiantati, avremmo corso meno rischi?

«Si è fatto quello che era possibile fare, ma è chiaro che molti schianti sono in zone impervie o inaccessibili e quindi gli interventi, che stanno proseguendo di zona in zona, sono stati resi più difficili, o talvolta impossibili, per le condizioni oggettive». —

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