Gli itinerari della Linea Gialla

Una guida ricca di indicazioni e informazioni sui luoghi della memoria
La caserma Cozzene Croce sul Rite, a destra Zanetti e Mezzacasa
La caserma Cozzene Croce sul Rite, a destra Zanetti e Mezzacasa
Trentadue itinerari tra Boite e Brenta seguendo la "Linea Gialla". È stato presentato sabato sera nella biblioteca civica di Agordo il volume di Roberto Mezzacasa e Antonio Zanetti che offre agli appassionati delle vicende del passato e agli escursionisti la possibilità di scoprire una lunga pagina di storia locale, quella della "Linea Gialla" che, durante la Prima guerra mondiale, era la linea di massima resistenza della 4ª Armata: da Casera Razzo proseguiva, infatti, fino a Cima Caldiera sull'Altopiano di Asiago.  Una linea concepita già a partire dalla fine del XIX secolo e realizzata negli anni 1916-17 come difesa da un eventuale attacco austriaco. Conglobava anche le fortificazioni della Fortezza Cadore-Maè e Brenta-Cismon e insiste nella quasi totalità sulla nostra provincia, attraversando una quindicina di comuni del Feltrino, dell'Agordino, di Zoldo, del Cadore e del Comelico.  La linea non venne mai occupata dalle truppe italiane durante la Grande Guerra, perché fu l'Italia a iniziare un'operazione offensiva che costrinse l'esercito austro-ungarico a ritirarsi su postazioni arretrate più alte e quindi maggiormente difendibili. Pertanto il fronte si costituì una ventina di chilometri più a nord.  Anche in seguito, dopo la ritirata di Caporetto, la "Linea Gialla" fu letteralmente saltata dall'esercito italiano che andò a schierarsi molto più a sud, lungo la linea del Grappa e del Piave.  Dunque, sostanzialmente un'opera che non ebbe mai un utilizzo concreto, non servì allo scopo per il quale era stata pensata. Negli anni non è scomparsa, ma certamente è finita nel dimenticatoio.  Da qui, infatti, l'hanno recuperata Roberto Mezzacasa e Antonio Zanetti che ne hanno fatto oggetto di ricognizione assieme a uno sparuto gruppo di amici appassionati di storia e di montagna: oltre ai forti, esistono gallerie, postazioni, osservatori, ricoveri, trincee, collegati tra loro, interessanti non solo dal punto di vista militare, ma anche da quello architettonico. Ma soprattutto ci sono centinaia di chilometri di strade, di ponti, di muri di sostegno, quasi tutti ancora esistenti e utilizzati e quindi di interesse escursionistico.  Prima di oggi, assai poco dunque si sapeva sulla Linea Gialla se non per merito dello stesso Mezzacasa autore di due articoli ospitati su "Le Dolomiti Bellunesi", la rivista semestrale del Cai, nei numeri dell'estate 2008 e 2009.  Ora con la guida (circa 300 pagine), edita da Tamari Montagna, nella collana Itinerari Alpini, col contributo di BimPiave, e corredata di precise descrizioni, di splendide immagini a colori, schizzi e cartine, escursionisti, amanti della montagna, curiosi della storia locale, hanno a disposizione uno strumento fatto di informazioni sulle opere militari da visitare, di precise indicazioni relative al percorso da effettuare, al dislivello, alle difficoltà che si possono incontrare durante le camminate.  «Mezzacasa e Zanetti - scrive Francesco Piero Franchi nella prefazione - hanno ripercorso passo dopo passo le tracce della sclerosi ostile del paesaggio, per riportarlo a una più colta e umana dimensione cercando, al di là delle intenzioni del massacro e difesa dal massacro, le tracce della sapienza costruttiva, dell'abilità mimetica, del sagace uso della conformazione naturale ai fini della costruzione più efficace, quindi tracce di ingegno e di arte».  Tracce che i due autori hanno messo in evidenza sabato dando un assaggio del ricco contenuto del libro. Hanno pure mostrato alcune immagini tratte dall'archivio dell'allora giovane tenente bellunese del Genio, Alberto Alpago Novello, che testimoniano il grande impiego, retribuito, di mano d'opera locale, anche femminile, nelle varie fasi dei lavori: forse, è stato sottolineato, l'unico aspetto positivo dell'intera operazione della Linea Gialla.  Un'opera, dunque, quella di Mezzacasa e Zanetti, veramente preziosa che rappresenta un "omaggio alla memoria", come ha sottolineato Irma Visalli e che, secondo Franchi, porta con sé anche un "messaggio civile": «Bisogna amarla, la geografia della propria terra - ha scritto esplicitandolo - con le sue rughe e le sue cicatrici, comprenderne la pazienza secolare e impegnarsi a non pesare inutilmente, su questa terra, anzi, a redimerla, e con gratitudine».

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