Gli oss di Trichiana: «Lasciati soli a combattere contro questo terribile virus»

La denuncia di 32 dipendenti: «Le mascherine? Ce le siamo comprate, la direzione era contraria»
rsa mel
rsa mel

BORGO VALBELLUNA

Una lettera di denuncia sulla gestione dell’emergenza Covid nella casa di riposo di Trichiana. È firmata da 32 dei 42 operatori sociosanitari della struttura. Molti di loro oggi si trovano in isolamento a casa perché positivi al coronavirus: soltanto sei quelli che continuano a garantire il loro servizio alla struttura per anziani, dove anche ieri è deceduta un’ospite di 97 anni.

I lavoratori, una decina di giorni fa, hanno consegnato questa lettera al comitato dei familiari degli ospiti e al segretario della Fp Cgil, Gianluigi Della Giacoma, che poi l’ha girata a Usl e Spisal: «Esprimiamo totale indignazione riguardo alle decisioni e alle modalità con le quali la direzione ha gestito la delicata emergenza provocata dal coronavirus».

Dalle parole degli operatori, che abbiamo raggiunto telefonicamente, emerge tutta la tensione accumulata negli ultimi giorni: «In casa di riposo non sono state attuate subito le misure restrittive di contenimento, con l’utilizzo delle mascherine». E questo, a loro dire, avrebbe portato all’infezione di 32 operatori. «I primi presidi (mascherine) sono stati acquistati da noi, di tasca nostra, e sono stati indossati di nostra spontanea volontà, non tanto per timore di venir contagiati, ma in quanto consapevoli che, avendo contatti con l’esterno della struttura, saremmo potuti essere un veicolo di contagio. Dapprima abbiamo incontrato una certa opposizione da parte della direzione, con la motivazione che questo comportamento avrebbe potuto creare preoccupazione negli ospiti», si legge nella missiva.

La voglia di scrivere questa lettera nasce dal desiderio di spiegare come sono andate le cose «a chi se la prende con noi per l’epidemia nella rsa trichianese. Siamo stanchi di essere attaccati, noi non avevamo gli strumenti per proteggerci dal virus».

E per chi è a casa risultato positivo al tampone, resta la preoccupazione di quando tornerà negativo. «Quando l’Usl ci ha sottoposto al primo test sierologico, noi operatori siamo risultati negativi, anche se molti di noi avvertivano già dei sintomi del contagio. Soltanto col tampone è emersa la nostra positività», dice qualcuno.

I lavoratori tengono a dimostrare di aver fatto pienamente il loro dovere con i mezzi messi a loro disposizione. «C’è la sensazione che solo noi, che eravamo in costante contatto con gli ospiti, avevamo la reale concezione del disordine e dei problemi creati dalla dubbia gestione dell’emergenza». «Comprendiamo le condizioni di disagio in cui si trovano gli anziani ospiti, e devo ammettere», commenta una delle firmatarie positiva al virus e in isolamento domiciliare, «che vedere morire anche quattro persone al giorno ti lascia un’angoscia e uno sconforto che difficilmente riuscirò a superare. Non so proprio se un domani me la sentirò ancora di tornare al lavoro. Eppure fino all’altro ieri svolgevo questo lavoro con passione e dedizione. Ma ora tutto è diverso».

I 32 operatori socio sanitari raccontano che ora stanno arrivando dei rinforzi, «ma ancora oggi i nostri colleghi rimasti al lavoro sono costretti a turni estenuanti, in condizioni di grande tensione. Noi restiamo a disposizione di chi vorrà approfondire e sentire la nostra testimonianza. Ci sentiamo vicini ai parenti dei nostri ospiti che, impossibilitati ad entrare in struttura, sono preoccupati per i loro cari. Le emergenze accadono, a volte sono impreviste, ma alle volte basta solo un po’ di buon senso». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi