Gli studenti bellunesi vanno a scuola di legalità
Dopo il tour in Calabria, ieri erano in piazza dei Martiri contro tutte le mafie
La marcia a Reggio e i ragazzi ieri in piazza
BELLUNO. Gli studenti bellunesi in piazza con Libera contro tutte le mafie. Di ritorno dalle celebrazioni per il 150º dell'Unità d'Italia a Reggio Calabria e dalla 16ª edizione della Giornata della Memoria a Potenza, gli studenti hanno letto in piazza dei Martiri i nomi delle vittime delle cosche mafiose. «Abbiamo visto da vicino la preoccupazione negli occhi delle persone che convivono tutti i giorni con questo problema», raccontano Federico Marcolin, Pier Pradetto, Elena Avesani e Annalisa De Zolt, che fanno parte delle Scuole in Rete di Belluno, «ma anche il loro coraggio e la fiducia in una cultura della legalità come strumento per risolverlo». Alla trasferta nel sud Italia a fianco di Libera, l'associazione fondata da don Luigi Ciotti, hanno preso parte 45 ragazzi della Rete e 4 della Consulta studentesca insieme a Paolo Capraro del Csv e agli insegnanti Silvia Cason, Franco Chemello, Antonella Gris e Cristina Rendo. «I 150 anni a Reggio Calabria sono stati animati dalle scuole, che hanno contribuito a far sì che la cerimonia diventasse qualcosa di sentito e non una vuota ricorrenza», commenta Chemello, «in questo percorso di cittadinanza attiva gli studenti imparano che solo nel rispetto delle regole è possibile la valorizzazione delle libertà individuali e che da un'azione attenta al bene comune deriva sviluppo e rispetto delle libertà e dei diritti». Gli studenti bellunesi hanno incontrato Antonio Napoli, della cooperativa "La valle del Marro", che fa parte della galassia di Libera Terra, Giuseppe Morosini, il vescovo di Locri da sempre attivissimo contro la la n'drangheta e l'autrice del libro "'Ndranghetown", Paola Bottero al Castello Ruffo di Scilla. «Il nostro Paese si è dimenticato troppo in fretta di tanti nomi di persone uccise dalle mafie», ha detto don Ciotti, «per questo ogni anno vogliamo leggere quello che, purtroppo, è un elenco sempre più lungo. E'importante che l'impegno sia di tutti i giorni perché la speranza e la libertà dipendono da questo». Sul sondaggio che indica come numerosi giovani non sanno cosa sia la mafia o il "pizzo" e nemmeno che le cosche agiscono anche al nord, Silvia Cason ammette che è un problema culturale e di informazione: «L'unico modo per combattere una pericolosa ignoranza», ha affermato, «è la cittadinanza attiva e la promozione della legalità».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Video