Gosaldo, ai Códa due soli abitanti: «Qui non c’è futuro»
GOSALDO
I Códa sono a metà della strada del Vecchio Confine che congiunge Sagrón Mis (Tn) col Dón di Gosaldo. Metaforicamente, però, è davvero la parte finale di una storia che si sta accorciando sempre di più. Erano infatti 99 le frazioni del Comune di Gosaldo prima dell’alluvione del 1966. Sono rimaste 55, molte abitate da poche persone.
«Quanti siamo ai Códa? – dice Roberto Marcon – se li moltiplichi per tre siamo in sei, altrimenti siamo in due, io e mia moglie. Nel 1952, quando sono nato, eravamo in cinquanta». Sorride con quell’espressione amara che può avere chi, in settant’anni, ha visto il vuoto crescere lentamente attorno a sé. «Qualcuno è morto – racconta – qualcuno se ne è andato dopo l’alluvione del’66, qualcuno per trovare situazioni più comode».
Lui, invece, è rimasto nel posto in cui è nato e cresciuto, in cui è andato a scuola. Sì, ai Códa c’erano anche le elementari. «Qui ho finito la quarta e la quinta – ricorda Roberto – poi sono andato a Gosaldo a fare le medie, poi mi hanno detto che era meglio che mi fermassi. La mia passione erano i motori. Prima di prendere la patente, però, ho fatto il manovale, poi ho iniziato ad andare con i camion e ci sono andato fino alla pensione. Ho sempre fatto linea e tanto all’estero: Germania, Belgio, Olanda, ex Jugoslavia. Anche quando ho lavorato per una ditta locale non mi piaceva fare il giro in giornata. E sai una cosa? Oggi, invece, non ho più voglia nemmeno di andare ad Agordo».
Già, Agordo: capoluogo di vallata per Gosaldo, ma periferia di Belluno, periferia della pianura veneta. Dai Códa, periferia di Gosaldo, ad Agordo ci vuole una mezz’ora buona per strade strette e tortuose. E tanti servizi sono lì. A Gosaldo ne sono rimasti pochi.
«Io sono rimasto qui perché sono attaccato al territorio. Non per altro, perché qui non c’è più niente. Ho un amore tremendo per la zona. Sono nato qua e vissuto qua. Penso agli anni della mia infanzia: era un paradiso, non c’erano alberi. Adesso il bosco avanza ogni anno di più e io invecchio ogni anno di più. Finché ho la passione, cerco di tenere in ordine l’ambiente e di fare la pulizia dei prati e delle valli (in compagnia, in questo, dell’Armando e della Rita nelle frazioni dei Piòle e di Pétte, ndr). Quello che mi preoccupa è che non vedo futuro: finita la mia generazione, qui diventerà una giungla».
Anche i suoi figli hanno scelto strade che li hanno portati via da questa zona di Gosaldo dove, come in altri paesi, sono più i nomi delle frazioni di quelli degli abitanti: i Stuèr, i Piòle, i Zavàt, i Bezzói, i Caldràs, Pétte, i Carrèra, i Nòri, i Nadài, i Cèa. «Non c’è soluzione – dice sconfortato Roberto – perché non ci sono i giovani e quando mancano loro il paese va a rotoli e si disintegra. Cosa vuoi? I vecchi vanno a prendersi il pane e tornano a casa. I giovani si fanno la partita a carte, bevono l’aperitivo, mangiano la pizza. È una catena che tira il paese, che gli dà vita. Quando vanno via è difficile farli ritornare dopo che hanno trovato le comodità in città, è difficile che lascino il meglio per venire a trovare il mediocre: il paese non ti dà prospettiva, non ti dà incentivo».
«Dicono – continua Roberto – “Abbiamo i turisti che vengono”. Certo, ma se manca il residente con gli anni non arriverà nemmeno il villeggiante che oggi pulisce attorno casa se non cresce roba grossa, ma un po’ alla volta abbandonerà tutto anche lui, perché senza residenti non ci saranno più servizi. Andiamo sempre più verso il degrado: è una disperazione».
Sul palo davanti casa sono state issate tre vessilli: due tricolori italiani e in mezzo la bandiera europea. Non si sa se siano speranze o invocazioni. Qui un tempo lo Stato c’era. Poco più avanti, ai Zavàt, verso Gosaldo, c’è la vecchia caserma delle finanze (già Villa Morosini) che fino al 1918 controllava una zona di confine dove si praticava anche il contrabbando. Oggi il Comune ha asfaltato la strada e i servizi forestali hanno sistemato le valli che con Vaia e le piogge dello scorso autunno erano esondate causando vari danni. Non basta. Non può bastare. Davanti il Piz di Sagrón è maestoso e il panorama è stupendo, ma per vedere orizzonti ci vuole altro. —
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