Gsp, «sapevano che avrebbero pagato i soliti cittadini»

Bottacin attacca: «Potevano stoppare subito gli investimenti ma qualcuno ha preferito accumulare altri debiti»
Il consiglio provinciale di belluno vota e approva la sfiducia al Presidente Gian Paolo Bottacin
Il consiglio provinciale di belluno vota e approva la sfiducia al Presidente Gian Paolo Bottacin

BELLUNO. «Mi dicevano: “Bottacin sei il solito rompiscatole”. Ma ora in strada la gente mi ferma per dirmi che avevo ragione».

L’ex presidente della Provincia interviene sul caso Gsp, ripercorrendo le tappe che hanno portato al dissesto finanziario dell’azienda bellunese dell’acqua, «ma anche al mio siluramento dalla poltrona di Palazzo Piloni. Lo trovate scritto anche ne “I padroni del Veneto”. Nel libro che per primo ha portato a galla gli inciuci e le mazzette nascoste dietro la costruzione del Mose, a pagina 133 Renzo Mazzaro scrive: “Bottacin aveva messo troppi bastoni tra le ruote al Pdl, tallonava la società Gsp, retta da un presidente del Pdl. Doveva andare a casa e lì è stato mandato con un voto di sfiducia trasversale di Pdl e Pd. Motivazione principale? Ha un brutto carattere”. È la verità? Chiedetelo a chi di dovere. Io ho la coscienza a posto, ho combattuto una battaglia a favore dei cittadini e per questo ho pagato dazio dal punto di vista politico. Se fossi stato zitto, sarei rimasto sulla mia poltrona e forse mi avrebbero anche rieletto, ma io mi sento prima di tutto bellunese: non vivo di politica, mi interessa il bene della mia gente. Sono stato eletto da 54 mila bellunesi e mandato a casa da tre consiglieri miei alleati. Se fate uno più uno...».

Bottacin apprezza il lavoro dell’amministratore Vignato: «La riorganizzazione interna e la riduzione dei costi di gestione vanno nella direzione auspicata, ma è giunta con qualche anno di ritardo. Perché non hanno agito subito, quando il sottoscritto ha evidenziato il problema? Perché qualcuno ha preferito andare avanti sulla strada sbagliata, tanto era già scritto chi sarebbe stato chiamato a coprire il buco: il cittadino».

L’ex presidente ripercorre le tappe che hanno portato al dissesto di Gsp: «Nel 2003 i vertici aziendali avevano ipotizzato di poter vendere in un anno 27 milioni di metri cubi d’acqua, poi la stima è stata portata a 22, ma in realtà i bellunesi ogni anno ne consumavano 15 milioni». E qui nasce l’inghippo, perché una società pubblica stende i suoi bilanci, prevedendo gli investimenti in base agli introiti. In poche parole, alla fine dell’anno entrate e uscite devono essere perfettamente alla pari: «Giunti a questo punto», prosegue, «gli amministratori avrebbero dovuto fare una sola cosa: ridurre il piano d’ambito. Faccio un esempio pratico: se ordino una Bmw, ma poco dopo mi accorgo che invece di 4 mila euro al mese ne guadagno solo mille, cosa faccio? Disdico la macchina di grossa cilindrata e ne compro una più adeguata alle mie entrate. Invece, i sindaci dell'Ato, sulla base delle indicazioni che ricevevano da Gsp, hanno deciso di mantenere inalterati gli investimenti sul territorio come se niente fosse, scaricando le magagne sui poveri contribuenti. Si sono barricati dietro gli obblighi imposti dalla legge per portare a termine determinati interventi, ma sono tutte balle: se mancavano le coperture finanziarie, avrebbero potuto diluirli nel tempo. Purtroppo non hanno fatto così e ora i cittadini si trovano a pagare».

Una brutta vicenda, che avrà conseguenze spiacevoli sullo sviluppo economico della provincia: «Chi volete che venga a investire in provincia», tuona Bottacin, «quando qui la tassazione è più alta non solo rispetto a Bolzano a Trento, ma anche al resto d’Italia?».

C’è un tassello che non è ancora chiaro a Bottacin: «C’era un decreto che fissava al 6% il tetto massimo dell’aumento della tariffa dell’acqua. Qualcuno si mosse a livello romano per chiedere una deroga e poco dopo si procedette al balzello del 30%, affermando che il garante aveva dato il suo benestare. Ma io, e con me numerosi sindaci, non ho mai visto un documento che affermasse ciò».

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