Guardia medica arriva in ritardo, è nei guai
Il sostituto procuratore della Repubblica Antonio Bianco ha aperto un fascicolo a carico di una guardia medica, una dottoressa in servizio all’ospedale di Belluno, con l’ipotesi d’accusa di omissione in atti d’ufficio. Curiosa la vicenda che risale al marzo scorso. Un giorno al centralino del “San Martino” chiama un dirigente di una casa di riposo del Cadore per far presente il decesso di un ospite e chiede che una guardia medica vada sul posto per constatarne la morte, come vuole la prassi burocratica. La guardia medica in servizio rassicura il dirigente della casa di riposo che si sarebbe recata immediatamente. Il punto è che dalla telefonata di segnalazione del fatto all’arrivo della guardia medica in casa di riposo passano oltre quattro ore. “Troppe” per i dirigenti dell’ospizio che nei giorni successivi segnalano il fatto alla procura della Repubblica di Belluno.
Il pubblico ministero Antonio Bianco ha così aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di omissione in atti d’ufficio. Alcuni giorni fa, il 2 ottobre scorso, la guardia medica (difesa dallo studio Paniz) ha deciso di farsi interrogare dal sostituto procuratore che conduce l’indagine. Stando a quanto s’è appreso, la professionista si sarebbe giustificata sostenendo che quel giorno pioveva intensamente, non conosceva bene la strada per raggiungere la casa di riposo e che, comunque, ci sarebbe voluta più di un’ora di strada in condizioni normali per arrivare alla struttura. Non essendovi una vera e propria urgenza, la guardia medica se l’era presa con più calma anche per non mettere in pericolo la propria incolumità lungo la strada. Dunque, nessuna omissione in atti d’ufficio secondo la professionista, ma solo una serie di sfortunate coincidenze.
Va detto che è la seconda guardia medica a finire nel mirino della procura negli ultimi mesi, dopo quella accusata di essersi rifiutata di visitare un agente della polizia carceraria.
Il reato di omissione in atti d’ufficio (previsto dall’articolo 328 del codice penale) punisce “il pubblico ufficiale che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che per ragioni di giustizia, ordine pubblico igiene o sanità, deve essere compiuto senza ritardo”. La pena prevista varia da un minimo di 6 mesi ad un massimo di due anni.
Ora starà al pubblico ministero Bianco decidere se procedere con l’azione penale nei confronti della guardia medica, una dottoressa all’epoca dei fatti in servizio al “San Martino”, oppure archiviare l’inchiesta, ritenendo esauriente la versione difensiva.
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