Guerra santa in Siria Karamaleski a processo

Il caso del foreign fighter macedone partito da Chies per la Siria è in tribunale L’ex operaio diventato combattente per lo Stato islamico non sarà presente
ALPAGO. Il foreign fighter in tribunale. Munifer Karamaleski non sarà in aula, perché non si sa nemmeno se sia ancora vivo - dopo aver militato per anni nel sedicente Stato Islamico - ma non potrà mancare il suo avvocato Marzia Ianese, in sostituzione della collega Serena Pecin. Il non ancora 30enne di origine macedone che, prima di partire per la Siria, viveva a Palughetto di Chies d’Alpago con la moglie Ajtena e tre bambine piccolissime, è accusato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale per la sua militanza nell’Is.


Erano almeno dieci anni che a Belluno non si costituiva una Corte d’Assise: oggi, a partire dalle 9.30, sarà composta dalla presidente Antonella Coniglio, dal giudice a latere Angela Feletto e da sei giudici popolari reclutati appositamente.


Potrebbe anche essere un’udienza breve, perché è poco meno che scontato che la difesa eccepisca sul fatto che l’ex operaio diventato combattente per il Jihad islamico e attualmente latitante non sappia di essere a processo a Belluno, in questo caso scatterebbe un rinvio di un anno per nuove ricerche e la notifica del capo d’imputazione scritto dopo il rinvio a giudizio disposto dal giudice per le udienze preliminari veneziano Massimo Vicinanza, su richiesta dei pubblici ministeri dell’antiterrorismo Adelchi D’Ippolito e Francesca Crupi. Secondo l’accusa, l’imputato si è associato al Califfato islamico per compiere atti di violenza, sia contro la Siria di Assad che contro i paesi occidentali.


Si è radicalizzato tra il centro culturale Assalam di Ponte nelle Alpi e la moschea di Pordenone, convertendosi all’Islam più radicale, antisciita e antisemita, dopo aver seguito le prediche dell’imam itinerante bosniaco Husein Bilal Bosnic. Al suo addestramento militare, invece, avrebbe provveduto un ex combattente sloveno di nome Rok Zavbi. Mentre nel viaggio in Bosnia da Bosnic il suo accompagnatore sarebbe stato Ajhan Veapi.


Sicuramente nel dicembre 2013 Karamaleski è partito per il Medio Oriente non solo insieme ai familiari, ma anche con l’imbianchino bosniaco Ismar Mesinovic e il figlioletto Ismail Davud. È passato per l’ufficio anagrafe del Comune di Chies e ha salutato il papà Musafer, la madre Raima e i fratelli. Avrebbe dovuto tornare in Macedonia e, invece, i due hanno raggiunto la Siria, con la differenza che, mentre Mesinovic è morto in battaglia, ad Aleppo, un paio di mesi dopo, Karamaleski avrebbe ricoperto un ruolo meno operativo per il califfo Al Baghdadi: nella capitale Raqqa, avrebbe fatto parte di un gruppo di miliziani, che si occupava della custodia del ghanima, il deposito del bottino di guerra. Raqqa è caduta a ottobre, dopo l’assedio delle forze curdo-siriane alleate degli Stati Uniti. Karamaleski sarà sopravvissuto?


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