Guide alpine: «Senza fondi professione a rischio»

Il presidente Davide Alberti è preoccupato dopo il taglio dei contributi per i corsi  «Così si lascia spazio agli abusivi e si mette in pericolo la sicurezza dei clienti»
BELLUNO. La Regione taglia i contributi ai corsi per guida alpina e aspirante guida alpina e così Davide alberti, presidente del Collegio veneto, lancia l’allarme: «C’è il rischio di allontanare i giovani da questa professione, ma anche di lasciare campo libero all’abusivismo, a scapito della sicurezza di coloro che si affidano a queste figure».


In Veneto ci sono 118 tra guide alpine e aspiranti guide, mentre sono 49 gli accompagnatori di media montagna (non possono andare in ambiente nevoso o ghiacciato); oltre il 70% di loro lavora nel Bellunese.


Il problema è presto spiegato: dal biennio 2015-2016, non viene più cofinanziato dal Veneto il corso propedeutico alla formazione di guida alpina e, come riferiscono dal Collegio, per i bienni 2017-2018 e per il 2019-2020 non ci sarebbero più risorse. Negli anni precedenti dal Veneto arrivavano 120 mila euro da distribuire per la maggior parte ai corsi di aspirante guida (due anni). Ora non più e chi vuole diventare guida deve sborsare 17 mila euro, una somma che non tutti possono sostenere. «Qualcuno migra in regioni dove ci sono ancora i contributi, mentre qualche altro lascia. E questo non fa che dare spazio alle guide abusive, quelle che affrontano la montagna senza la formazione adeguata e contro le quali abbiamo iniziato una lotta spietata. Certo non è facile portare a giudizio questi abusivi, che arrivano anche da paesi stranieri, ma noi non molliamo la presa», dice Alberti.


«Quella della guida alpina è una professione che va molto. I clienti in estate sono perlopiù gli stranieri (tra questi c’è un boom di giapponesi), mentre in inverno sono gli italiani a contattarci: «Lo straniero», sottolinea Lio De Nes, antesignano delle guide alpine, «apprezza moltissimo la natura incontaminata del nostro territorio e la nostra è una professione molto richiesta soprattutto negli ultimi anni». Il problema è che non siamo ancora al passo coi “tempi digitali”: «Gli stranieri sono abituati a scaricarsi sul cellulare le tracce dei percorsi e definire anche dove dormire», dice Alberti, «mentre da noi non esiste ancora un sistema che metta in rete queste informazioni. E poi la copertura telefonica è precaria e mancano a infrastrutture dove indirizzare i turisti in caso di maltempo: intendo piscine e strutture per arrampicare al coperto. Insomma, se piove il villeggiante deve poter fare attività alternative».


Oltre al problema del taglio dei contributi regionali che mette a rischio la professione, c’è anche la difficoltà nel trovare giovani che abbiano una preparazione a 360 gradi come richiesto dalle norme per diventare guide alpine: «Per questo motivo stiamo chiedendo al Ministero che la guida alpina si specializzi sempre di più in determinate attività, come succede negli altri Paesi europei, e che gli accompagnatori di media montagna possano operare in ambiente invernale. Ma sono necessari anche maggiori controlli contro gli abusivi».


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