I clienti arrivano tardi e il gestore del rifugio Casera Ditta spara

ERTO CASSO. Pasqua con brutta sorpresa. Cinque turisti veneziani si sono visti sparare contro con la carabina ad aria compressa dal gestore del rifugio Casera Ditta, in Val Morzath, nel Comune di Erto Casso. Il padrone di casa, Adriano Roncali, che sostiene di aver agito per legittima difesa in quanto avrebbe sentito uno degli ospiti dire “Andemo su e ghe demo” (andiamo su e gliele diamo), è stato condannato dal giudice Coniglio a due mesi, convertiti in 15 mila euro di multa, per l’accusa di minaccia aggravata. La richiesta del pubblico ministero Pesco era di otto mesi, mentre il difensore Fontana puntava all’assoluzione per legittima difesa o perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Ormai sei anni fa, la famiglia Bigarello - padre, madre, un figlio maschio e una figlia femmina con il fidanzato - aveva prenotato il pranzo pasquale, chiamando alla vigilia.
Il giorno della partenza per la montagna hanno avuto un lutto e si sono trovati combattuti se muoversi o meno. Per questo sono arrivati in ritardo al rifugio: «Saranno state le 14.30 e, per entrare nel locale, ho sbagliato la porta trovandomi in un magazzino», ha raccontato Sandro Bigarello. «Il gestore è uscito e ci ha preso a male parole, a quel punto ci siamo allontanati. Era molto nervoso, entrava e usciva, poi ha impugnato una carabina e ha sparato verso di noi. Non ce l’ha puntata contro, ma ha esploso due o tre colpi. Da parte nostra ci siamo limitati a osservare che esponeva delle bandiere della pace, eppure ci stava trattando così male». La moglie ha sostanzialmente confermato tutto, aggiungendo che qualche minuto dopo ha sentito un colpo di fucile vero sopra la sua testa.
Molto diversa la versione dell’imputato, che peraltro ha presentato a sua volta una querela per minacce. Proprio in questa querela, secondo il pubblico ministero, è contenuta una confessione: «Mi sono arrabbiato e devo ammettere di non essere stato cortese. Sono arrivati alle 15.15, è casa mia e il rifugio era chiuso. Stavo leggendo sul divano. Quando ho sentito aprire la porta del magazzino, sono uscito, invitandoli ad andare a mangiare a Erto. Mi sono spaventato nel momento in cui ho sentito quella frase. Volevo spaventarli a mia volta, ecco perché ho tirato fuori quell’arma giocattolo, con il tappino rosso. Ho cercato di far credere loro che si trattasse di un fucile vero, ho sparato l’unico colpo possibile, ma non contro di loro. Non è stata la scelta giusta, me ne rendo conto».
La denuncia della comitiva veneziana è stata presentata ai carabinieri di Cimolais, in Val Cellina. I militari hanno sequestrato la carabina Camo, che ha una potenza non superiore ai 7,5 joule e una gittata sui 30 metri, più dei fucili regolarmente detenuti. Il processo si è concluso ieri con la condanna a due mesi, convertiti in pena pecuniaria.
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