I congressi della Lega in Veneto: Gobbo in netto vantaggio su Tosi
E' una Lega tutt’altro che monolitica quella che emerge dai congressi in corso

Gobbo: basta calcio al Tenni
VENEZIA.
A dispetto dei toni edulcorati della «Padania», è una Lega tutt’altro che monolitica quella che emerge dai congressi in corso nel Veneto. Un partito popolare e sfaccettato, animato da un nuovo flusso di uomini e donne. Che pesca nel bacino tradizionale della sinistra, miete il voto operaio - lo slogan «Case e lavoro prima ai veneti», pur rudimentale, ha lasciato il segno - e conta iscritti alla Cgil (succede nel Trevigiano e nel Vicentino) tra i suoi delegati.
Che prova a fare l’asso pigliatutto e a tagliare l’erba sotto i piedi dell’alleato-rivale Pdl, scalzandolo dal ruolo di campione del popolo irrequieto delle partite Iva.
Ma i congressi sono anche l’occasione di una conta interna, appena attenuata dall’unanimismo di facciata gradito al senatùr. Tra i due contendenti in lizza, il segretario veneto uscente Gian Paolo Gobbo e il sindaco di Verona Flavio Tosi, certo. Ma anche in chiave generazionale, dove l’ansia al rinnovamento della base fa sì che a Belluno un outsider di 22 anni, Diego Vello, conquisti la segreteria surclassando nei consensi il più quotato concorrente Franco Gidoni. Un’operazione, quella dei giovani «rottamatori» del Carroccio, tentata anche a Vicenza, con meno fortuna però; perché se al primo turno il giovane sfidante Roberto Grande - grande ammiratore di Luca Zaia - è riuscito a superare Roberto Fongaro (delfino del potente Stefano Stefani), al ballottaggio nulla ha potuto contro la veterana Marita Busetti, sindaco di Thiene e fiduciaria dei big.
Gobbo versus Tosi, si diceva. Le percentuali, finora, segnano un largo vantaggio, nell’ordine del 65-70%, del trevigiano prediletto da Umberto Bossi. Che presenta un bilancio indubbiamente lusinghiero - Lega primo partito del Veneto, un governatore col fazzoletto verde a Palazzo Balbi - a fronte dalle diffidenze che circondano il veronese; giudicato da più parti troppo «tricolore» dopo le esternazioni favorevoli alla celebrazione dell’Unità d’Italia, e bersaglio di colpi bassi, tipo il rumor fasullo che lo voleva in procinto di traslocare nell’ovile di Sacconi.
La partita, però, non è ancora conclusa. Senza storia Treviso - che plebiscita il gran capo - in archivio Venezia (candidato unico e vincente Paolo Pizzolato), Tosi prepara la riscossa domestica: a Verona il congresso si svolgerà il 23 marzo e il sindaco punta a un successo scoppiettante. Anche Padova si avvia al voto: Gobbo conta supporter fidati (a cominciare dai parlamentari Bitonci e Goisis) però il segretario uscente Maurizio Conte, che ha lasciato il timone del partito per entrare nella giunta regionale, è schierato con Tosi; a succedergli potrebbe essere Roberto Marcato, il dinamico vicepresidente della Provincia molto apprezzato dalla base del Carroccio.
Ma aldilà degli organigrammi, come si caratterizza il dibattito interno? Detto che i congressi leghisti si svolgono a porte chiuse (non proprio il massimo della trasparenza), dovunque si segnalano punte elevate di partecipazione dei militanti. Attenzione, questa categoria nel vocabolario “padano” ha un significato preciso: indica gli iscritti che, dopo un anno di attività da “sostenitori”, ricevono il visto definitivo dai tre gradi statutari (sezione, circoscrizione, provinciale) e - trascorsi altri sei mesi di “buona condotta” - ottengono pieni diritti nel partito.
Ebbene, nei loro interventi prevale l’aspirazione al federalismo, terra promessa della lunga marcia leghista, che diluisce gli umori separatisti e diventa appello pressante ai capi perché, dal Governo in giù, tengano la guardia alta, memori dello choc referendario sulla devolution.
E la questione morale, leggi arresto per mazzette del consigliere di Zero Branco Giuseppe Barison e incriminazione per frode fiscale del consigliere provinciale vicentino Massimo Signorin? Brutti colpi alla «diversità» rivendicata rispetto alla partitocrazia romana arraffona. «Punti di debolezza», sospira preoccupata Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia di Venezia; maldigeriti e tuttavia giudicati - finora, almeno - non sintomatici.
Morale della favola: l’esito della corsa a due sembra già delineato ma non è escluso che Gobbo, incassato il successo, decida in autonomia di pilotare la successione. In pole position? Un terzetto comprendente il segretario trevigiano Gianantonio Da Re, il capogruppo al Senato Federico Bricolo e il sottosegretario Giampaolo Dozzo. Tant’è. A suo tempo Umberto Bossi, reduce dalla “cena degli ossi” di Calalzo, ne ha tracciato l’identikit con un fine aforisma politico: «Decidano i veneti, basta che sia uno che non rompa le palle»
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