I cuochi ampezzani a Pechino. «Noi controllati a vista merci in quarantena»

Gli chef Pompanin e Prest nelle due “Casa Italia” olimpiche.

«Emissari del governo ci pedinano bardati come nei reparti Covid»

Alessandra Segafreddo

IL RACCONTO

Fabio Pompanin e Graziano Prest sono ai fornelli per deliziare i palati di “Casa Italia” ai Giochi di Pechino 2022. I due chef, rispettivamente del ristornate “Al Camin” e del “Tivoli”, questa volta sono divisi. Il Coni ha infatti dovuto allestire due “Casa Italia” considerando le enormi distanze fra i vari siti di gara.

Le due hospitality house, simbolo delle eccellenze italiane, sono allestite nei due cluster principali dei Giochi: a Pechino e a Yanqing, ospitando media e atleti nel rispetto delle normative anti Covid-19 e dei protocolli definiti dal Comitato organizzatore. Pompanin è a Pechino con lo chef patron Amedeo Ferri e Prest è a Yanqing, la zona alta poco più di 2000 metri, una novantina di chilometri a nord-ovest di Pechino, dove si disputano anche le gare di sci alpino.

«In questi giorni», racconta Pompanin da Pechino, «abbiamo preparato “Casa Italia” e abbiamo iniziato a proporre i primi piatti. Graziano è a nord. Questa è una realtà diversa dalle Olimpiadi precedenti. Ci sono tantissime restrizioni e lunghe distanze tra un posto e l’altro. Per farvi capire, io sono a Pechino ed è come fossi a Venezia e Graziano è a Yanquing, che è come fosse a Cortina».

«Le autorità governative sono molto rigide. Non ti puoi muovere assolutamente. Da quando siamo arrivati all’aeroporto ci hanno scortati all’albergo e “tamponati”; e da qui non si può assolutamente uscire. Gli unici trasferimenti che possiamo fare, con auto certificate, sono da “Casa Italia” dove lavoriamo all’albergo in cui dormiamo. Ci sono poi limitazioni anche in cucina. Non possiamo fare il tipo di lavoro che abbiamo fatto ai Giochi precedenti, ma collaboriamo con il patron chef che è l’italiano Amedeo Ferri. Sono molto rigidi. Ci sono emissari di governo in tutti i punti di accesso e nei vari reparti per controllare che vengano rispettate le norme, bardati come i nostri medici nei reparti Covid».

«Noi comunque ci stiamo adattando al meglio per rispettare le norme. Siamo italiani», sottolinea Pompanin, «e siamo bravi a portare a termine i nostri compiti. La cosa più particolare che ho visto qui è inerente la merce. Abbiamo ordinato dall’Italia alcuni prodotti a lunga scadenza per preparare i nostri piatti; ma quando la merce arriva deve sottostare a sette giorni di stoccaggio. Fanno una sorta di test Covid alla merce, che poi sta in magazzino 7 giorni prima di essere consegnata e usata. Anche le immondizie vengono messe sotto vuoto e stoccate in un grande container frigo che c’è fuori dall’albergo, che comunque non servirebbe perché fa molto freddo; e prima di essere portate al macero stanno ferme 7 giorni. Manca un po’ lo spirito olimpico perché le norme anti Covid sovrastano».

«A Tokio erano anche molto ligi nel protocollo Covid ma c’erano meno controlli, meno polizia, meno persone bardate da testa a piedi. Qui i cinesi girano tutti con occhiali di plastica che riparano i volti, mascherine, o del tutto coperti. Al media center ad esempio i piatti scendono con un robot. E non ci sono contatti. Sono comunque molto orgoglioso di essere qui. Son sempre lo chef di “Casa Italia” e credo che qualsiasi cuoco i vorrebbe essere al mio posto. Se mi hanno chiamato per la terza Olimpiade di fila è già un motivo di orgoglio. Faccio una grande esperienza», conclude Pompanin, «sicuramente diversa, ma importante. In questa condizione difficile la soddisfazione è doppia nel vedere che le cose vanno al meglio». 

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