I lavoratori stagionali sono a rischio povertà

I sindacati in allarme per 5 mila bellunesi: «Il nuovo assegno di disoccupazione non coprirà l’intero anno. Rischiamo di perdere le migliori professionalità»

BELLUNO. Uniti per difendere il futuro dei lavoratori stagionali. Sindacati di categoria e associazioni imprenditoriali del turismo hanno siglato l’avviso comune contro la Naspi. Istituita dal primo maggio 2015, la Naspi sostituisce la vecchia indennità di disoccupazione, ed è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. L’indennità corrisponde al 75% della retribuzione media mensile fino al terzo mese, al quarto scatta invece una decurtazione del 3% e così per ogni mese successivo. Per ottenere la Naspi è necessario avere almeno 30 giornate di effettivo lavoro negli ultimi 12 mesi e 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio il periodo di disoccupazione.

Sono 5 mila gli addetti del turismo in provincia di Belluno interessati da questo provvedimento che, a detta delle parti sociali, avrà dei risvolti negativi molto pesanti da qui ai prossimi anni per chi opera con contratti legati alla stagionalità del lavoro.

«Se uno ha lavorato quattro anni ha diritto a due anni di indennità», spiega Stefano Calvi, segretario della Fisascat Cisl di Belluno. «Se uno lavora otto mesi ha diritto a quattro di Naspi, se è impiegato per sei ha diritto a tre di indennità. In poche parole, l’indennità dura la metà del tempo lavorato. E questo comporta che in molti casi non si arriva a coprire l’intero anno». «In questo modo non si fa altro che aumentare la precarietà del lavoro e soprattutto della posizione economica di questi lavoratori», dice Fulvia Bortoluzzi, a capo della Filcams Cgil che aggiunge: «Chi lavora per periodi brevi non riuscirà ad avere un reddito che permetta di sopravvivere. Così si lasciano le persone a rischio povertà».

I sindacati sottolineano come «il governo con la Naspi non ha considerato i lavoratori stagionali», prosegue Calvi, «quelli addetti in alberghi o ristoranti durante le stagioni invernali ed estive, ma anche tutto quell’indotto legato al commercio e ai negozi che in determinati mesi all’anno hanno bisogno di incrementare il personale per far fronte all’assalto dei turisti».

«Da noi il lavoratore stagionale», prosegue Bortoluzzi, «è impiegato in media 6-7 mesi all’anno, quindi non riesce a coprire i 12 mesi. Gli effetti di questa situazione si inizieranno a vedere dal prossimo anno, quando i redditi di queste persone saranno sempre più bassi. Il rischio è che non arrivino alla fine del mese», conclude».

«Non dimentichiamo», concludono Calvi e Bortoluzzi, «che i datori di lavoro hanno sottoscritto questo avviso comune perché temono, in questo modo, che si disperdano professionalità importanti. Con questo sistema, infatti, i bravi addetti potrebbero decidere di andarsene».

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