I medici: «Gli incentivi salveranno la montagna»
BELLUNO. «Caro presidente Zaia, benissimo i contratti territoriali “premiali” per i medici in montagna. Ma la Regione faccia attenzione a non deluderci una seconda volta». Così Umberto Rossa, presidente dell’Ordine provinciale dei medici, e Fabio Bortot, fiduciario bellunese della Federazione italiana medici di medicina generale. A loro si uniscono i sindaci, da Alessandra Buzzo di Santo Stefano di Cadore a Leandro Grones, di Livinallongo. Tutti tifano perché il governatore Zaia riesca a portare a casa, nella pre-intesa con il Governo sull’autonomia, la gestione in proprio della sanità e, nella fattispecie, la possibilità di incentivare i medici, specialisti compresi, ad operare anche sulle terre alte, dove magari la vita costa di più.
«I contratti territoriali sono i benvenuti», riconosce Bortot, «ma vorremmo che il presidente Zaia rompesse quella disillusione che da vent’anni sta imprigionando la nostra categoria. Alla fine degli anni ‘90, infatti, firmammo, come rappresentanze dei medici, con gli allora direttori generali delle aziende e con la Regione, un programma di incentivazioni per garantire i medici ai territori cosiddetti disagiati». Si trattava di “premialità” fino a un milione di vecchie lire. «Non abbiamo visto né una lira, tanto meno un euro. E quindi da allora», sottolinea Bortot, «ci portiamo appresso il problema della progressiva desertificazione medica in montagna».
«Ci dicono che non ci sono i soldi per riconoscere ai medici questi supplementi, che in realtà vanno a coprire le maggiori spese», interviene il presidente Rossa, «ma i soldi, se c’è la volontà politica, vengono trovati, a volte anche per obiettivi meno importanti».
Rossa ha ricevuto nei giorni scorsi, da un primario di Feltre, la sollecitazione a scrivere, come Ordine, un appello agli altri Ordini provinciali di mezza Italia per far salire i pediatri sulle Dolomiti. «Il bisogno è disperato», afferma Rossa. «Con i medici di medicina generale in qualche misura, seppur con notevoli sacrifici, si riesce a dare per il momento copertura ai diversi territori», afferma il presidente dell’Ordine e conferma il fiduciario. «Le forti carenze di specialisti», puntualizza Adriano Rasi Caldogno, direttore generale dell’Ulss 1, «le abbiamo in pediatria, ginecologia, radiologia, anestesia. In misura davvero preoccupante ci mancano i pediatri. Ma, attenzione, cominciano a scarseggiare anche i medici di pronto soccorso. E, purtroppo, si tratta non di problemi congiunturali, ma strutturali».
Ecco perché Rasi Caldogno non nasconde il suo “entusiasmo” – proprio così – per la proposta di Zaia. «Non sono solo io, a questo punto, a lanciare l’allarme, che vale anche per altre aree del Veneto, ad esempio il Polesine», precisa il direttore generale, «ma nel modo più autorevole si fa interprete di un vero e proprio allarme la massima autorità regionale. E quel che più conta, Zaia lo fa al più alto livello, in un rapporto di negoziazione addirittura con il Governo».
Per Rasi Caldogno, quindi, la risposta non potrà che essere legge, indipendente dalla buona volontà o dalla disponibilità dei sottoscrittori dell’accordo. «La premialità, dunque, sarà riconosciuta al massimo livello e non ci potranno essere passi indietro o passi a lato».
Il presidente dell’Ordine, Rossa, spiega che le misure incentivanti corrispondono alle maggiori spese che il medico incontra sulle terre alte. Sono senz’altro quelle dell’abitare, in particolare del riscaldamento, ma anche del costo degli ambulatori. «I medici sono chiamati adoperare in più valli, magari distanti una dall’altra, nei paesi più periferici, con distanze che moltiplicano le spese, ma anche lo stress».
Già a suo tempo per i medici di medicina generale erano riconosciuti una ventina di posti disagiati: in Comelico e a Sappada, nell’Alto Agordino, in Zoldano, lungo la fascia confinaria del Feltrino e, poi, dall’altra parte, a Tambre e a Chies. Come ricorda Bortot, era a questi medici che la Regione e le Aziende sanitarie dovevano riconoscere le misure premiali, che poi non sono state concesse. «In periferia è davvero un dramma», ammette Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano, presidente dell’Unione Montana, referente per la sanità nella conferenza dei sindaci. «Noi abbiamo accolto, con entusiasmo, una pediatra che per scelta di vita si è trasferita da Padova a Santo Stefano e una farmacista che, sempre da Padova, ha avviato un’attività a San Pietro. Sono stati inserimenti apprezzati e che stanno premiando chi li ha compiuti. Però se ci fossero delle premialità i buoni esempi si moltiplicherebbero». «Oggi, invece», aggiunge il sindaco, «i nostri stessi giovani laureati in medicina preferiscono specializzarsi nei grandi ospedali delle città. Col rischio di perderli definitivamente».
Pieve di Cadore ed Agordo rischiano parecchio senza gli specialisti. «L’intuizione del governatore Zaia», afferma Grones, sindaco di Livinallongo, «deve trovare un riscontro. Varrebbe, vien da dire, l’intera partita dell’autonomia».
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