I nomi della sesta compagnia incisi su pietra

La lapide venne recuperata nel 1982 da Rolando Lancedelli e da un gruppo di appassionati
Di Walter Musizza

AURONZO. Era il 21 novembre 1982 allorché Rolando Lancedelli, noto recuperante di cimeli della Grande Guerra, scoprì e segnalò in Valfonda, all’ombra del Monte Cristallo, la presenza di una lapide che affiorava dal terreno.

Solo l’anno successivo però un gruppo di appassionati riuscì a riportare alla luce un documento di eccezionali dimensioni (m 3,5 di lunghezza per 1,5 di altezza), ma soprattutto di grande interesse storico. La superficie lapidea, datata 31 agosto 1916, è suddivisa in sei riquadri, con al centro il nome del reparto (6a compagnia) e subito sotto quello del Comandante. Poi intorno i nomi di tutti componenti il reparto, ben 269, tra i quali figurano pure i 51 caduti nei combattimenti in Val Popena o periti sotto qualche valanga.

Il luogo del ritrovamento è situato a circa 1500 metri di altitudine, in una zona boscosa alla confluenza della Val Cristallino con la Valfonda, nel territorio del comune di Auronzo. Lo si raggiunge con un quarto d’ora di cammino dal ponte della Marogna e dal relativo cippo che segnale l’antico confine tra Impero asburgico e Serenissima Repubblica di Venezia sulla strada che da Carbonin sale a Misurina. Qui era stanziato probabilmente il comando della 6a compagnia, che faceva parte della “Brigata Umbria” comandata dal Magg. Pio Ivrea del 53° reggimento “Vercelli”. Il capitano Domenico Grato Civetta, classe 1881 piemontese, fu l'anima della bella iniziativa di affidare alla pietra nomi e destini di tanti fratelli di lotta, mentre la paziente opera di incisione fu affidata a Giuseppe Pullini, Francesco da Rold e Attilo Murer. Durante l’inverno 1915 – 1916 la Compagnia si era distinta nel presidiare il trincerone che si snodava dalla base del Monte Piana fino al Cristallino di Misurina attraversando le grave del torrente Valfonda, sulle quali correva pure la linea del confine fissato dalla Convenzione di Rovereto nel lontano 1753. Negli ultimi giorni di ottobre, in seguito al tracollo di Caporetto, i nostri dovettero abbandonare precipitosamente anche queste posizioni e la lapide finì ricoperta dal bosco e dall’oblio. Oggi è emozionante scorrere quella lunga trafila di nomi e ancor più constatare come molti di essi si ritrovino tra quelli dei sepolti nel Sacrario di Pocol. Ma a noi piace immaginarli comunque tutti vivi ed uniti com’erano in quel fatidico agosto 1916, quando affidarono alla pietra la testimonianza della loro presenza e della loro fedeltà alla patria. (w.m.)

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