I nuovi progetti sulla sicurezza sono l’eredità del prefetto
BELLUNO
«Lascio un pezzo di cuore a Belluno, e non solo io ma anche la mia famiglia».
Il prefetto Francesco Esposito sta per lasciare le Dolomiti per assumere lo stesso incarico a Lucca. Ma fino a giugno, spiega, la sua famiglia resterà in città in modo che i due figli possano concludere l’anno scolastico.
La mattina dopo aver appreso in via ufficiale, dopo il Consiglio dei ministri di mercoledì sera, della nomina a prefetto di Lucca, Francesco Esposito passa da una telefonata all’altra, da un impegno all’altro.
Impegni che non sono per nulla finiti, anzi la prossima lei presenterà una nuova iniziativa.
«Lascio Belluno con due importanti progetti che presenterò nei prossimi giorni. Uno si chiama “Belluno sicura” che prevede molti interventi, sia nella videosorveglianza nelle strade di accesso alla provincia (grazie ad un milione di euro dei Fondi dei comuni di confine), che sugli autobus di Dolomitibus che raggiungono ogni paese del territorio, sia con una intesa con gli istituti di vigilanza. E poi un progetto contro le truffe».
Sul tema della sicurezza pubblica ci sono stati numerose iniziative da parte della prefettura. Ma questa è una provincia tranquilla. Oppure no?
«È sicuramente una provincia tranquilla ma non bisogna abbassare la guardia. Penso al sistema che abbiamo messo in campo, per la prima volta in Italia, per il controllo dei cantieri delle grandi opere che si stanno già facendo per i Mondiali 2021. Questo sistema è un patrimonio per il territorio. Non abbiamo intercettato situazioni di infiltrazioni mafiose, ma i controlli nei cantieri sono di sicuro un deterrente. E poi ci siamo concentrati anche sulla sicurezza nei posti di lavoro, con delle sanzioni in caso di inosservanze».
Contro l’ondata di furti nelle abitazioni è partito in alcune realtà il controllo di vicinato. Una esperienza da continuare?
«Sì, come tutte quelle che partono dal basso, dalle richieste dei cittadini. Le comunità vivono queste esperienze in stretta collaborazione con le forze dell’ordine. È una ricchezza per il territorio e sicuramente deve continuare».
Molte di queste iniziative vivono sullo stretto rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Lei quando è arrivato tre anni fa, ne aveva parlato come di un suo obiettivo.
«Ho colto fin dall’inizio che nel Bellunese esiste una solidarietà tra le persone che dà un senso alle comunità. E consente di vivere meglio anche situazioni difficili, penso allo spopolamento, o critiche, durante le emergenze. È un patrimonio di questa provincia e in questo filone io mi sono mosso».
Al di là di Vaia e dei giorni e mesi difficili che tutti abbiamo attraversato, ci sono state altre emergenze che si è trovato ad affrontare. La sistemazione dei migranti, ad esempio.
«Non è stata una emergenza come accaduto in altre parti d’Italia, perchè qui si è seguito un sistema diverso: una accoglienza diffusa e sostenibile. Sindaci e comunità hanno agito insieme, con progetti di integrazione di piccoli gruppi. Migranti che non erano dei numeri, ma avevano un nome e una storia. E questo è servito a superare le diffidenze».
Lei è stato il promotore di una manifestazione che si è tenuta il 4 novembre in un teatro gremito, con il Coro Arcobaleno che ha presentato il brano «Tre colori».
«È stata una bellissima esperienza. Il coro rende bene l’idea che ho del rapporto tra le istituzioni e i cittadini. Si canta tutti assieme e il solista è al servizio del coro. Non ci devono essere protagonisti che si prendono meriti, veri o presunti che siano. Il nostro compito, come istituzioni, è di lavorare insieme»
Per quanti giorni ancora resterà a Belluno?
«Non ho ricevuto una comunicazione ufficiale in questo senso. Ci sarà anche un passaggio di consegne con il nuovo prefetto incaricato a Belluno».
È arrivato tre anni fa, il 23 maggio 2016. Ha portato con sè la famiglia che ora deve trasferirsi di nuovo. Non è facile neppure per loro il suo lavoro e i trasferimenti molto frequenti.
«Ho scelto di portare con me la famiglia, perchè significa potersi integrare meglio nella società. Vuol dire non essere solo un prefetto ma un padre, che si rapporta con gli altri genitori, che segue i propri figli nelle varie attività e che quindi viene a contatto con vari ambiti della società. Ho dei figli straordinari, anche loro lasciano Belluno con rammarico, si sono integrati bene, fanno molte attività. Concluderanno qui l’anno scolastico prima di raggiungermi a Lucca». —
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