I parroci di Agordo e Pieve: «Garantiamo la sanità alle nostre genti»

L'appello lanciato dal pulpito durante l'omelia pasquale dagli arcidiaconi Lise e Marinello a difesa dei due ospedali minacciati dai tagli
Don Giorgio Lise, arcidiacono di Agordo
Don Giorgio Lise, arcidiacono di Agordo
AGORDO. La sanità e in particolare la salvaguardia degli ospedali di valle sono state al centro delle omelie pasquali tanto ad Agordo quanto a Pieve di Cadore, a dimostrazione che il tema è molto sentito tra la popolazione locale.


Agordo: il monito di don Giorgio Lise
. «Non si sacrifichi la persona all'economia». È stata un'omelia incentrata sul sociale e in particolare sulle sorti dell'ospedale di vallata quella pronunciata da monsignor Giorgio Lise nel corso della messa di Pasqua celebrata nell'arcidiaconale di Agordo. Dopo la settimana che ha visto le polemiche sulla sala operatoria del nosocomio locale e soprattutto dopo le continue voci, seguite anche dai fatti, sui tagli all'ospedale stesso, la Chiesa si appella alla coscienza di politici e amministratori richiamandosi niente meno che alla sua "dottrina sociale".


«Tra i mali che ci tormentano - ha infatti detto don Lise - rientra anche la problematica che riguarda il nostro ospedale». E, pur evidenziando come «non tocchi alla Chiesa come tale proporre le strade percorribili per superare le obiettive difficoltà che fanno temere il drastico ridimensionamento della struttura ospedaliera, con inevitabili, negative ripercussioni sull'intera comunità agordina», l'arcidiacono ha invitato a riflettere su due presupposti: la dignità della persona e il bene comune.


«La dignità della persona - ha spiegato - va garantita ad ogni costo e in tutti i luoghi; in caso contrario si andrà inevitabilmente incontro a situazioni in cui chi vive nel disagio avrà sempre meno e chi, magari senza merito, è baciato dalla fortuna, avrà sempre di più. Insomma i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri». «In secondo luogo - ha proseguito don Lise - va perseguito sempre e comunque il bene comune che non è il bene della maggioranza, o della maggior parte degli utenti di un servizio, o di chi ha più forza; il bene comune è piuttosto "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente"».


Secondo l'arcidiacono e vicario foraneo, una politica sociale che si dica "giusta" dovrebbe analizzare i numeri con un occhio diverso, che alle ragioni dell'economia anteponga quelle della solidarietà. «Insomma - ha sostenuto don Lise - se applichiamo i criteri di giustizia secondo i numeri si potrebbe arrivare a compiere un'enorme ingiustizia. È necessario accostare sempre alla giustizia, la solidarietà; o se volete, applicare quel criterio per cui, secondo le parole di Paolo, non si tratta di mettere a disagio gli altri per sollevare noi stessi, ma di cercare l'uguaglianza. "Nel momento attuale l'abbondanza degli altri scenda sulla nostra indigenza, onde vi sia uguaglianza"». Parole chiare, quelle dell'arcidiacono di Agordo, che esprimono le ansie dell'intero territorio. «Credo sia giusto - ha concluso - che anche dalla comunità cristiana agordina si alzi una voce affinché in questo campo così delicato, con un po' di buona volontà, si applichi un'autentica giustizia nella solidarietà, nel riconoscimento concreto di un'uguale dignità, nell'attenzione alla persona che mai deve essere sacrificata all'economia. E le scelte siano conseguenti».


Pieve: le parole di monsignor Marinello
. «La sanità cadorina è l'ultimo settore che può subire tagli»: lo ha affermato l'Arcidiacono del Cadore, monsignor Renzo Marinello, durante l'omelia della messa di Pasqua. L'affermazione è contenuta in una preoccupata analisi circa il futuro dell'ospedale di Pieve di Cadore, visto alla luce del piano socio-sanitario regionale 2011 _ 2013, per la riorganizzazione della sanità del Veneto, le linee del quale sono già state approvate dalla giunta regionale. La posizione dell'Arcidiacono è il frutto di un'attenta valutazione fatta insieme ai sacerdoti del Cadore. L'omelia, che si è tramutata in una lettera aperta, è stata pubblicata sul foglio settimanale dell'arcidiaconato distribuito domenica.


«Nel piano approvato dalla giunta - afferma la lettera - l'ospedale in rete, come è identificato anche il nosocomio cadorino, dovrà avere un bacino di circa 200.000 abitanti e lo si prevede dotato di sede di pronto soccorso e specialità di base, servizi di diagnosi e cura assicurati in rete con quelli provinciali. Se questo piano dovesse trovare approvazione definitiva, si prevedono ripercussioni negative sulla vita delle nostre popolazioni. La logica ad esso soggiacente sembra, infatti, voler commisurare i bisogni ai servizi, anziché il contrario, partendo da criteri meramente economici. Riteniamo - prosegue la lettera - che la politica debba tenere conto della dimensione del nostro territorio montano (1500 chilometri quadrati), della distribuzione della popolazione, delle distanze da Belluno e della viabilità disagevole sia nei lunghi mesi invernali che negli ingorghi delle stagioni turistiche.


Per questi motivi, già più che sufficenti, è necessario un ospedale "intermedio" a Pieve di Cadore. Ma, se poi si aggiunge che nel finesettimana e periodi turistici, invernali ed estivi il nostro territorio ospita un considerevole numero di persone alle quali deve essere garantito un servizio sanitario adeguato, la necessità di un ospedale "intermedio" è ulteriormente confermata. Invece, prosegue ancora l'arcidiacono, paventiamo tutti che l'ospedale del Cadore venga ridotto a servizio di pronto soccorso, o al più a poliambulatorio operante nei giorni feriali. Al contrario, ritengo che in esso debbano essere mantenuti in attività, 24 ore su 24, i fondamentali reparti di medicina, chirurgia, anestesia con terapia intensiva, pronto soccorso e radiologia, la centrale operativa 118 ed elisoccorso, nonché tutte le altre attività di supporto (materno infantile, cardiologia, laboratorio di analisi, dialisi, semiassistita).


Diversamente penso che saranno penalizzate tutte le persone bisognose di cure: non solo quelle con patologie acute, ma anche quelle con bisogni non gravi, che dovranno affrontare maggiori disagi per le distanze e conseguenti maggiori oneri economici per le famiglie e l'assistenza. Consapevole della complessità dei problemi - conclude l'arcidiacono - invito la popolazione, amministratori locali in testa, a prendere a cuore la questione, anche superando eventuali divergenze di schieramento, affinché ai problemi sia data una soluzione attenta alla dignità e alla sicurezza delle persone che vivono in montagna».

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