«I problemi della ludopatia vanno risolti dalla comunità»
BELLUNO. «I problemi legati alla dipendenza dal gioco non possono essere risolti solo con l’intervento del singolo dipartimento o dell’azienda sanitaria. Devono essere affrontati dall’intera comunità e società civile: enti locali, associazioni, parrocchie (i parroci sono i soggetti più frequentemente contattati da chi è colpito da queste problematiche), famiglie e singoli cittadini devono sentirsi investiti di una responsabilità comune». Lo ha detto con forza De Sandre, che ha evidenziato la necessità di un vero e proprio cambiamento di mentalità: «Come diceva Einstein, “I problemi che abbiamo oggi non possono essere risolti all’interno della stessa cultura che li ha generati”».
In questo contesto si inserisce il Coordinamento Slotmob, nato un anno fa, che mira a costruire una rete sempre più ampia. «Il nostro obiettivo sarebbe anche realizzare un vero e proprio tavolo di confronto permanente sul tema», sottolinea Milena Nart. «Quel che “fa male” non deve rimanere nascosto, ma emergere. La Prefettura ha assicurato che in provincia non si può ancora parlare di illegalità o infiltrazioni mafiose in quest’ambito. Ma l’attenzione deve rimanere alta».
«Noi non lavoriamo contro nessuno: non vogliamo contrastare esercenti o tabaccai», ha precisato Antonio Barattin, presidente del Centro studi Bellunese, «ma instaurare un dialogo in cui ognuno sia consapevole del fatto che il gioco d’azzardo è un problema anche in provincia. E bisogna lavorare insieme, anche sul fronte normativo».
E ieri Santa Giustina, precisamente la caffetteria “Il chicco” ha ospitato per tutto il giorno l’evento “Slotmob”, organizzato dall’associazione ConfiniComuni insieme a Libera, al Coordinamento Slotmob di Belluno, a Lara Rossa e alla locale parrocchia: una mobilitazione pensata per valorizzare l’impegno di associazioni ed esercizi commerciali che hanno rifiutato o dismesso slot machine e affini, per promuovere le buone relazioni e il “buon” gioco, quello senza investimento né perdita di denaro. Presenti Luigi Turco, psicologo del SerD di Feltre, Michela Morini per Libera, De Sandre e lo scrittore Daniele Poto. «Il trattamento del gioco d’azzardo patologico richiede una valutazione multidimensionale», evidenzia De Sandre, «tutela economica, supporto legale e medico-farmacologico, percorso psico-educazionale, gruppi multifamiliari: a Belluno c’è un gruppo di auto-mutuo aiuto e ne nascerà un altro. A questo si aggiungono quello attivo ad Auronzo e quello che sorgerà a Feltre». (m.r.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi