I referendari sappadini: non siamo traditori
Replicano alle critiche dei vicini abitanti del Comelico: «Il nostro caso utile a tutta la montagna»
Stefano Da Rin Puppel - Perona - Sappada passa al Friuli - Festeggiamenti al confine tra Veneto e Friuli
SAPPADA. Nessuna rissa, per carità. Ma nei bar di Sappada, i contrari al distacco ed i referendari si confrontano con i toni ancora vivaci. Spesso vola la parola “tradimento”.
Se poi si scende in Comelico, i veleni sono ancora più… velenosi. Maurizio Buzzo ed Ezio Zaccaria, di Santo Stefano di Cadore, hanno preso carta e penna invitando i “voltagabbana” a restituire quanto hanno ricevuto dal Veneto e accusandoli di essere dei “giuda” perché il voto per l’autonomia, lo scorso 22 ottobre, da parte di tanti referendari, è stato come “il bacio di Giuda”.
La paura, che si alimenta sotto la cenere, è che possa esplodere la rabbia di qualche veneto che si sintonizza con il sindaco di Mansuè, Leonio Milan, villeggiante abituale a Sappada, che per protesta ha deciso di cambiare destinazione.
Ecco perché Alessandro Mauro ha deciso ieri di postare un appello allarmato.
«Vedo tutta una serie di reazioni scomposte indirizzate alla comunità di Sappada per il passaggio in Friuli – afferma il portavoce dei referendari –. Molte persone del Veneto invece di capire le ragioni profonde che stanno alla base della scelta dei sappadini se la prendono con noi come se fossimo colpevoli di alto tradimento».
Bene, Mauro ammette che «il primo dovere che sento è quello di convincere chi era scettico o ha votato per il no o ha firmato la raccolta di firme promossa da Max Pachner che si era sbagliato e per fare questo ora è necessaria la volontà di dialogare e capire; la contrapposizione deve assolutamente finire. Mi piace quella vecchia canzone dei socialisti ebrei che dice “oggi siamo tutti fratelli” ed è questo lo spirito con il quale credo dobbiamo pensare al futuro».
Il secondo sentimento? «Anche verso l’esterno dobbiamo essere pazienti, la stampa ora marcia come un tritacarne su Sappada (pubblicità, ma anche molte polemiche) e così molte persone che non conoscono i problemi di Sappada si accaniscono contro Sappada. Il caso Sappada deve essere utile alla montagna e al Veneto perché ha riportato un potere (quello di modificare i confini) nelle mani delle comunità. Quindi dobbiamo essere cauti e avere la pazienza di spiegare e anche l’umiltà di capire».
In particolare verso il Comelico i referendari assicurano che la cooperazione farà un salto di qualità rispetto al passato. Anzi, anche di quantità. «Consolidando le nostre strutture economiche, se ne avvantaggerà anzitutto il Comelico, a cominciare dall’occupazione».
Ed ecco che i referendari, certi che il loro è stato un caso unico – per storia e cultura – non si spingono oltre, non proclamano sostegni agli altri comuni in possibile fuga. E in loro soccorso arriva anche l’europarlamentare Isabella De Monte. «È scorretto trattare quanto accaduto come un blitz contro il Veneto, perché non lo è – rassicura la prima firmataria del ddl al Parlamento italiano –: nessuno in Friuli Venezia Giulia vuole fare guerra a Venezia. Quanto successo questa settimana è il giusto finale di un percorso democratico che non poteva che concludersi così, per rispettare la legge e i nostri concittadini. Lo spaesamento di alcuni davanti a un fatto nuovo e senza precedenti è del tutto comprensibile ma altra cosa è la condanna o il tentativo di osteggiare un percorso democratico».
Dopo aver rilevato che Zaia, probabilmente, avrebbe potuto fare di più per Sappada, De Monte conclude osservando che «quella su Sappada non va letta coma una battaglia politica, ma di democrazia».
E, a questo punto, un appello all’unità. «In tanti, a partire dal collega Roger De Menech, da sempre si battono per rivendicare maggiore attenzione per la montagna bellunese: sono rivendicazioni sacrosante che vanno portate avanti. La tutela e l’ascolto della montagna e della sua gente credo sia un impegno giusto sul quale unire le forze»
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