I ricordi: «Mi misero davanti al plotone di esecuzione»

BELLUNO. Pietro Bonotto, Vivetta De Moliner, Teodoro De Toffol, Oscar Marcon, Emilio Neri, Eraclito Sartorato, Rosina Salti Broi, Giovanni Tibolla, Carmelinda Trotta, Esperanto Viel, Livio Ravagni....

BELLUNO. Pietro Bonotto, Vivetta De Moliner, Teodoro De Toffol, Oscar Marcon, Emilio Neri, Eraclito Sartorato, Rosina Salti Broi, Giovanni Tibolla, Carmelinda Trotta, Esperanto Viel, Livio Ravagni. Questi i nomi dei "resistenti" presenti ieri a Palazzo Rosso. Insieme a loro anche Giacomo Coppe, superstite dell’eccidio al Ponte San Felice, rappresentanti dell’Anpi di Feltre e Cadore e il presidente dell’Associazione di San Vendemiano. Tanta l’emozione nel reincontrarsi, in parecchi casi, dopo tanti anni.

«Fa piacere vedere che i valori e i sentimenti che hanno ispirato la nostra azione sono ancora vivi», ha commentato Bonotto, 92 anni, autore del volume "I banditi dell'Archeson". «Questo alimenta la speranza che tutto ciò che abbiamo subito e patito sia servito a qualcosa». Bonotto entrò nella Resistenza subito dopo l’8 settembre del 1943.

«Io all’epoca ero studente a Feltre», ha raccontato, «realtà che stava patendo molto l'oppressione da parte dei tedeschi. Terminata la scuola sono andato sul Grappa, dove avvennero dei veri e propri massacri. Ancora oggi mi chiedo come abbiamo fatto ad affrontare situazioni di quel genere».

La signora De Moliner, 96 anni, all’epoca faceva parte della Brigata "Leo De Biasi", che operava nella zona di Bolzano Bellunese. E ricorda bene quel giorno in cui fu fermata dai tedeschi sul Ponte di San Felice. Nascosta nel golfino teneva una lettera, attaccata con uno spillo. Fu solo per un fortunato caso che i soldati non la trovarono.

«Facevo l’infermiera», ha aggiunto, «e un giorno mi recai nelle valli di Bolzano per curare un malato. A un certo punto sentii le voci di alcuni tedeschi e scappai nel bosco: ricordo che le spine mi pungevano ovunque». Tra le donne partigiane ci fu anche chi dovette affrontare il carcere: è il caso della signora Trotta, 96 anni. «Ero staffetta con il nome "Terremoto" e mi muovevo tra Longarone, diga del Vajont, Erto e Casso», ha spiegato. «Per due mesi fui relegata a Baldenich. Mi misero anche davanti al plotone di esecuzione perché volevano sapere dove erano nascosti mio marito e mio suocero. E a casa avevo due bambine: una di tre anni e mezzo e un’altra di appena nove mesi».

«Ai giovani d’oggi dico di stare attenti a quel che accade attorno a loro e di fare le scelte giuste», ha aggiunto. Un messaggio simile quello lanciato dalla signora Salti Broi: «Dico ai ragazzi anche di studiare e di tenere sempre le orecchie bene aperte», ha messo in risalto. «Ero staffetta partigiana a Sargnano, oggi ho 92 anni e, finché ne avrò la forza, continuerò a partecipare a celebrazioni come queesta, perché è importante non dimenticare e tenere ben viva la memoria».

«La Resistenza ha fatto incontrare e affratellare persone tra loro molto diverse», ha evidenziato Smuraglia. «C’erano ufficiali, intellettuali, ma anche operai, contadini e chi non aveva mai preso in mano un'arma. Un movimento trasversale e composito». (m.r.)

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