I rifugi riaprono con meno posti, ma poche restrizioni

Oggi la prima vera giornata di apertura di tutti i rifugi bellunesi

BELLUNO

L’attesa è finita: la stagione estiva dei rifugi apre ufficialmente oggi. Con qualche dubbio ma sicuramente con tanta voglia di fare ed una maggiore serenità rispetto a quanto immaginato poche settimane fa.

Gli oltre cento rifugisti bellunesi puntano a recuperare in fretta il tempo perso causa Covid 19 con una speranza che li accomuna: il ritorno dei turisti stranieri. «Dopo tante parole è finalmente arrivato il momento dei fatti» commenta Guido Lorenzi, presidente del sindacato gestori rifugi, «nelle scorse settimane c’è stato un lungo rincorrersi di situazioni che ha creato allarmismo tra i rifugisti. Oggi per fortuna le cose si presentano molto diverse da come ci erano state propinate. Disposizioni da adottare in materia di emergenza sanitaria ce ne sono state ma si sono rivelate meno complesse di quanto immaginato. Questo ci permette di tirare un sospiro di sollievo ed al tempo stesso guardare alla stagione estiva con rinnovato ottimismo. Vivremo un paio di settimane di adattamento per poi tuffarci in quella che sarà la prova del nove, concentrata nei mesi di luglio ed agosto anche se per un rifugista è difficile poter fare un programma a medio e lungo termine. Quest’anno, a maggior ragione, sarà importante vivere di giornata in giornata».

A proposito di disposizioni, Lorenzi punta l’attenzione attorno a quella che si presenta come l’unica, grande, novità, dell’estate 2020: «Ogni rifugio avrà meno posti per mangiare e dormire e questo significherà meno introiti, a fronte di un aumento dei costi dovuti ai lavori sostenuti. La novità rispetto al passato sta nella cancellazione della camerata in cui, fino a qualche mese fa, un rifugista lasciava liberamente dormire due tedeschi, due coreani, due italiani e due inglesi. Questo non potrà più succedere ma va anche detto che non succederà perché i primi a non volerlo sono i clienti. A proposito dei pernottamenti, prima di ogni prenotazione il cliente vuole sapere come e dove dormirà in maniera molto dettagliata, ho già ricevuto diverse segnalazioni in tal senso».

Come si è mosso il sindacato dei rifugi in queste settimane di lockdown? «Abbiamo mantenuto vivi i rapporti con i rifugisti quotidianamente ricevendo indicazioni ed anche idee, sicuramente c’è stato tanto confronto come non era forse mai successo in passato. Oggi siamo tutti sulla stessa barca nonostante i rifugi, per caratteristica, si presentano molto diversi gli uni dagli altri».

Il coronavirus potrebbe aver impresso un cambio di rotta al turismo d’alta quota: cosa dovranno fare i rifugisti per adeguarsi ai tempi che corrono? «Più che il rifugio sta cambiando il modo di fare turismo in montagna. Chi è alle prese con progetti di ristrutturazione dovrà inevitabilmente fare i conti col presente modificando qualcosa in corsa. Camere piccole e confortevoli al posto delle grandi camerate, tipicità di un rifugio fino a poche settimane fa, rappresenteranno la nuova frontiera dell’ospitalità ad alta quota». —
 

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