I rifugisti: «Diteci le regole. La capienza? Non lasceremo nessuno alle intemperie»
BELLUNO
I rifugisti bellunesi restano alla finestra in attesa di conoscere date e modalità di una possibile riapertura. A oggi nulla è stato ancora deciso e questo non piace ai vertici di Ascom Belluno, che seguono da vicino attività e interessi della gran parte dei rifugi dislocati sul territorio di competenza (un’ottantina su 110).
«Accoglieremmo favorevolmente il primo giugno come data utile per la riapertura anche se, in cuor mio, mi auguro che questo possa avvenire anche prima», sottolinea Guido Lorenzi, presidente del sindacato rifugi alpini di Confcommercio Belluno, «l’auspicio è che il governo prenda in esame le osservazioni al protocollo presentate da Federalberghi, anche se un rifugio alpino può essere paragonato solo in parte a un albergo, perche queste strutture vantano caratteristiche particolari in grado di differenziarli l’uno dall’altro, basta questo per considerare la situazione particolarmente complessa».
Lorenzi anticipa le mosse, focalizzando l’attenzione attorno a quelle che si presentano come le problematiche principali in vista di una possibile riapertura. «Il rifugio ha un compito ben preciso, aprire le sue porte a tutti coloro che chiedono di entrarvi», aggiunge il presidente del sindacato rifugi alpini di Confcommercio Belluno, «chiaro che già questo basta per andare in disaccordo col tanto discusso tema del distanziamento sociale. Cosa facciamo se qualcuno chiederà aiuto quando il rifugio ha già raggiunto la capienza massima prevista dalle nuove normative? Gli chiudiamo le porte in faccia, lasciandolo fuori, magari alle prese col maltempo? Questo un rifugista non lo farà mai. Per questo motivo chiediamo meno vincoli a quelle che saranno le normative strettamente collegate al pernottamento. Un’idea sarebbe quella di permettere a un gruppo di amici, partiti insieme per effettuare una escursione, di dormire nella stessa camerata allargando dunque il concetto di amici a quello, già previsto, di familiari».
Un’apertura, quella agli amici, che verrebbe accolta favorevolmente, alla luce della mancanza di turisti stranieri. «Stiamo continuando a ricevere disdette da parte di turisti stranieri che avevano prenotato per tempo le loro vacanze sulle Dolomiti», aggiunge Lorenzi, che chiede a gran voce, a nome della categoria, un’accelerata al processo che porterà alla riapertura dei rifugi d’alta quota. «Avremo bisogno di tempo, mi sento di dire almeno una settimana, per adeguare le nostre strutture alle normative, di cui al momento non siamo ancora a conoscenza. Prima ce le dicono e prima iniziamo i lavori di adeguamento. I rifugi hanno bisogno di mettersi in moto, anche perché solo così capiremo davvero qual è lo stato dell’arte. Fino ad oggi abbiamo ragionato a bocce ferme, senza avere la percezione esatta del problema. Il rifugista vanta un enorme spirito di adattamento e lo farà valere anche stavolta».
Nel frattempo, sempre da Ascom Belluno, si alza un invito forte diretto al governo: «Ascoltare le osservazioni mosse da Federalberghi significa dare voce a chi vive e lavora quotidianamente in una struttura ricettiva e non decide le sorti degli altri seduto dietro una scrivania», tuona Francesco De Toffol. —
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