I sacchetti per la frutta a pagamento da gennaio
Lo impone il decreto legge sul Mezzogiorno per diminuire il consumo di plastica. Insorgono i commercianti. Dal Pont: «Nuovo balzello anacronistico, così non va»
L'abolizione dei sacchetti di plastica dai supermercati scattata in Italia dal primo dell'anno in Toscana e' stata ampiamente anticipata da Unicoop Firenze un immagine dell'Ipercoop Gavinana di Firenze oggi 3 Gennaio 2011..(pasta fresca, scaffali, donne, supermercato, spesa, inflazione, carovita).ANSA CARLO FERRARO
BELLUNO. I sacchetti di plastica utilizzati nei supermercati e nei negozi per imbustare frutta e verdura, dal primo gennaio saranno a pagamento. Il costo? Da un minimo di due a un massimo di dieci centesimo.
E se i consumatori salgono già sulle barricate («si tratta di un altro costo, che va ad aggiungersi agli altri che siamo costretti a subire e a pagare, alla faccia della crisi», dicono in coro), a essere ancora più allibiti sono i titolari di supermercati e negozi alimentari.
La decisione di far pagare i sacchetti per frutta e verdura è contenuta dalla norma n. 123 del 3 agosto 2017, che ha convertito il decreto legge 91 del 20 giugno 2017 sulle disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. Il decreto impone nuove regole per la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Tre gli step previsti: dal 1° gennaio potranno essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40%; percentuale che passerà al 50% entro il gennaio 2020 e al 60% entro l’inizio de 2021.
«Come Confcommercio», sottolinea Francesco De Toffol, dell’associazione bellunese dei commercianti, «anche a livello nazionale stiamo cercando di capire meglio se ci sono margini per modificare il contenuto del decreto, l’obiettivo ultimo è togliere quello che per noi è un vincolo anacronistico».
«È positivo che il legislatore voglia aumentare l’utilizzo di sacchetti biodegradabili, ma penalizzare il consumatore non mi sembra saggio», aggiunge Andrea Dal Pont, presidente del sindacato degli alimentaristi dell’Ascom. «Mi sembra che qui si voglia introdurre una sorta di tassa sul sacchetto di plastica, che ancora una volta ricade sulla gente. E la cosa peggiore è che dovranno essere i commercianti a riscuotere questa ulteriore gabella».
Dal Pont non ci sta e pensa già al piano B. «Il Governo chiede a noi commercianti di utilizzare sacchetti di plastica riciclabile e biodegradabile e di farli pagare ai clienti. Niente di tutto questo, io non ci sto: tornerò al vecchio contenitore di carta, che forse mi costerà anche di meno. Una soluzione che sarà anche scomoda, visto che la carta si scioglie in caso di frutta e verdura umide e bagnate, ma tant’è: questa è l’unica soluzione che si potrà perseguire per non penalizzare ulteriormente il consumatore. Spero che la gente possa capire».
La norma sta mettendo in fibrillazione anche i titolari dei supermercati. «Non è una cosa positiva dover far pagare i sacchetti», dicono da alcuni ipermercati bellunesi, «riteniamo inconcepibile, in un momento di crisi per tante famiglie, pensare di aggiungere altri costi».
Titolari di negozi e supermercati sul piede di guerra, quindi, anche perché la legge impone che il costo dei sacchetti sia evidenziato dallo scontrino di pagamento della spesa. Difficile, quindi, sfuggire all’occhio dello Stato. E per i trasgressori si prospettano multe salate: si va da 2.500 ai 100 mila euro. Un vero e proprio salasso.
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