I sindacati: «Cosa c’è dietro la chiusura?». Si teme la trasformazione in un hotel
BELLUNO
La decisione è stata presa. L’Opera diocesana San Bernardo degli Uberti chiuderà l’Istituto Pio XII di Misurina entro la fine dell’anno. Una comunicazione che ha spiazzato i sindacati, che solo mercoledì hanno incontrato la dirigenza e saputo come stavano le cose. «Di solito si rivolgono a noi quando iniziano i problemi, non quando la decisione è stata presa», lamentano Cgil, Cisl e Uil. «A meno che dietro questa decisione non ci sia dell’altro». Magari l’idea di trasformare l’edificio in un hotel di lusso, ipotesi che si rincorre da tempo a Misurina. Ma anche quella di spostare sempre più i servizi dalla montagna alla pianura, da parte della Regione.
Considerazioni che i sindacati fanno analizzando la situazione, che appare senza alcuna possibilità di cambiamento. «A meno che la Regione stessa non lanci un sasso, che non decida di cambiare le regole da lei stessa introdotte per accedere alla struttura», dice Mauro De Carli, segretario Cgil. «Solo in quel caso la direzione dell’Opera diocesana di Parma potrebbe tornare sui suoi passi».
I motivi della chiusura
«I problemi nascono dal calo dell’utenza», spiega Stefano Calvi (Fisascat Cisl). La struttura, che è privata ma lavora in convenzione con il sistema sanitario nazionale (Regione Veneto), «sta in piedi con una media di trenta bambini, ma a settembre saranno solo due».
La diminuzione, aggiunge Gianluigi Della Giacoma (Cgil Fp) è dovuta ai nuovi criteri introdotti due anni fa dalla Regione per accedere all’Istituto Pio XII: non è più sufficiente la prescrizione del medico, ogni caso deve essere valutato da una commissione composta da due medici. Un po’ come avviene per le case di riposo. «La commissione di Belluno è molto veloce nel dare le risposte e inviare i pazienti all’Istituto, ma gestisce poche richieste. Le altre Usl sembrano non autorizzare le degenze», continua Calvi, «forse per la scelta, regionale, di trattenere i pazienti nelle proprie Usl. Questione di costi?», si chiede il segretario Fisascat.
Conti in rosso
Proprio i costi sono il nodo della vicenda, per chi gestisce l’Istituto. «Negli ultimi quattro anni gli introiti per la struttura sono diminuiti del 55%», spiega Mauro De Carli, segretario Cgil, che ha analizzato i bilanci. «I contributi dati dalla Regione in base alla convenzione rappresentavano il 78% del volume dei ricavi; nel 2018 erano solo il 56%. Il costo del personale (12 dipendenti assunti e altrettanti collaboratori) e delle spese alberghiere rappresenta il 110% dei ricavi». Una situazione insostenibile per l’Opera diocesana, decisa a chiudere il Pio XII.
le ipotesi
«Verificheremo non ci siano altre intenzioni», annuncia De Carli. «Forse si vuole trasformare la struttura in qualcos’altro?». Mondiali e Olimpiadi sono dietro l’angolo, e la corsa ai posti letto è già iniziata. Il Pio XII era un albergo, prima di diventare clinica specializzata per la cura dell’asma e delle malattie respiratorie, i sindacati temono che si voglia investire in tal senso. «Ma dopo le Olimpiadi cosa accadrà?», si chiedono i sindacati, preoccupati.
«O forse si vuole favorire un trattamento con i farmaci di questi pazienti, nelle proprie Usl?», aggiunge De Carli. «In ogni caso andremo a perdere un’eccellenza del nostro territorio, un servizio importante».
Nessuna alternativa
«L’Opera Diocesana dice di aver tentato per un anno e mezzo con la Regione di trovare una soluzione, anche valutando l’apertura di altri percorsi terapeutici», prosegue Calvi. «Dice che ci sono state solo aperture verbali, ma nessun atto concreto».
«Chiudere una simile eccellenza bellunese, ma anche italiana e europea, è sintomatico di un processo di riduzione dei servizi», attacca Guglielmo Pisana, segretario Uil, «per andare, magari, a favorire la sanità privata. Sembra sia stata intrapresa una strada che porta a ridimensionare il welfare pubblico, e questo ci preoccupa molto».
«In un ragionamento di sanità in rete, si deve capire che non tutto deve essere fatto in pianura», conclude Rudy Roffarè, segretario aggiunto della Cisl. «Una cosa su dieci può e deve rimanere nel nostro territorio, tanto più che la abbiamo già».
I dipendenti
Che ne sarà dei dipendenti? L’Opera diocesana San Bernardo degli Uberti pensa di ricollocarli tutti nelle strutture che ha in provincia di Parma. Ma molti lavoratori abitano in Cadore. Per questo i sindacati apriranno una trattativa, per cercare di ricollocare almeno gli operatori sociosanitari nelle strutture del Bellunese, magari nelle case di riposo. Per salvare il Pio XII, invece, l’unica che può fare qualcosa è la Regione. —
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