I testimoni dell’esplosione a Pieve di Cadore: «Gridava: Fabio aiutami, Fabio aiutami»
PIEVE DI CADORE. «Fabio aiutami, Fabio aiutami». I soccorritori hanno sentito P.F. gridare un nome, mentre era lì in mezzo alla strada con le gambe rotte e tutto ustionato, pochi minuti dopo lo scoppio nella pizzeria.
Erano passate da poco le 3 del mattino dell’altra notte, quando il centro storico di Pieve di Cadore è stato svegliato da uno scoppio tanto forte da essere scambiato per un terremoto. Una esplosione ha devastata la pizzeria al taglio di proprietà di Alessandro Piccin, al piano terra di un edificio di via XX Settembre, collegato con piazza Tiziano da un passaggio con un piccolo porticato. Lo scoppio, oltre la pizzeria, ha gravemente danneggiato altre attività commerciali fino a 50 metri di distanza.
Non solo: la fiammata ha raggiunto il tetto dell’edificio di tre piani dove si trova la pizzeria, annerendo le pareti. Non appena passato il fragore dell’esplosione, in mezzo al fumo, le prime persone accorse hanno visto per terra un giovane ferito, con le gambe gravemente ferite e ustionate.
Una signora albanese che abita di fronte, uscita di casa in fretta e furia, con l’aiuto di un’altra persona ha spostato il ferito di una decina di metri per metterlo al sicuro.
Ancora pochi minuti e il silenzio della notte del centro di Pieve è stato squarciato dalle sirene dei vigili del fuoco di Tai, Valle, Calalzo, dei carabinieri di Cortina e della stazione di Pieve e del 118 con le ambulanze.
Sul posto è arrivata anche una guardia notturna dell’Europol di Belluno, che ha contribuito a regolare il traffico in piazza Tiziano.
Il risultato dello scoppio è stato devastante: la pizzeria in cui è avvenuta l’esplosione ridotta in rottami; l’Enoteca Check che si trova a lato della pizzeria, devastata: il portone divelto, i tavolini e le suppellettili scagliati contro il bancone sul fondo, alcuni mobiletti volati fuori dalle porte sulla strada. Pochi minuti dopo lo scoppio sono arrivati anche i proprietari e alcuni dipendenti delle attività commerciali della piazza e delle stradine laterali, che hanno cercato di salvare il salvabile.
«Avrei voluto un articolo per promuovere la pizzeria», spiega molto scosso il titolare Alessandro Piccin, «invece che articoli che raccontano i danni che ci sono stati. La pizzeria è distrutta e non so quando potrò riaprire: ci vorranno settimane. Quando mi hanno chiamato ero a casa: non volevo crederci. Quando sono arrivato e ho visto cosa era successo, per poco non mi ha preso un colpo. Avevamo chiuso all’1,30, e tutto era tranquillo. Certamente per me si tratta di un colpo molto duro anche perché avevamo aperto da poco tempo e stavamo cercando di promuovere il locale per pagare i costi dell’impianto. Adesso qui non c’è nulla da fare. Tutto è bruciato: forno, banco, vetrina, tutto distrutto. Non ho nemmeno la forza di fare delle fotografie. Quando tutto sarà finito avrò bisogno delle vostre, di foto, di quelle che state facendo adesso».
Molto scosso anche Sandro Zanardo, titolare dell’Enoteca al Check: mentre mestamente cerca di recuperare qualche tavolino, qualche sedia, accetta il saluto molto dispiaciuto delle persone che lo vengono a consolare. Qualche ragazza si stringe vicino, lo abbraccia per consolarlo. Sandro è un grande amico dei giovani che frequentano il suo locale dove molti arrivano quando chiudono gli altri bar.
«Ci sono tanti danni» spiega. Quando ancora non si sapeva la causa dello scoppio, in piena notte, commentava: «Se fosse successo con il locale aperto, sarebbe stata una strage. Cosa posso dire: cercherò di riaprire al più presto, anche se in questo momento mi verrebbe voglia di mandare tutto al diavolo».
Zanardo ascolta i commenti e le ipotesi che si susseguono, i nomi che si intrecciano, del ferito e dell’amico invocato. Scuote la testa e mentre raccoglie uno scaffaletto scagliato sulla strada, conclude: «A parte i danni, per me è andata bene così».
Altrettanto desolante la vista della Gelateria Cristallo posta di fronte alla pizzeria: cristalli rotti, teloni strappati, tavolini a pezzi. Il titolare che non abita in centro a Pieve, è stato svegliato ed arriva poco dopo.
Non dice nulla, ma mentre sta cercando di chiudere con un telo di naylon una vetrina rotta - una seconda colpita ugualmente è rimasta in piedi - alza solo sconsolatamente le braccia indicando i pezzi della vetrina e i tavolini sparsi.
In via XX Settembre, intanto, in piena notte sta arrivando praticamente tutto il paese. Ci sono molte persone che svegliate nel pieno della notte sono ancora spaventate e aspettano di capire meglio, come Mara Del Favero, che abita nel retro dell'edificio. «Ho sentito un colpo fortissimo - racconta - tanto che all’inizio ho pensato ad un incidente d’auto. Quando mi sono affacciata sulla strada però ho visto uscire del fumo e allora abbiamo preso davvero paura e siamo scesi in fretta dalle case perché pensavamo che potesse bruciare tutto».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi