Ideal Standard: fondi e sacrifici

Al Mise l’azienda offre un piano investimenti di 9 milioni e ipotetici tagli ai secondi livelli contrattuali
incontro sindacale
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TRICHIANA. È un piano di rilancio con luci e ombre quello presentato ieri da Ideal Standard al ministero dello Sviluppo economico per lo stabilimento di Trichiana. «In realtà non si è parlato ancora per il momento di un piano industriale vero e proprio, come era stato annunciato», spiega Giuseppe Colferai, segretario della Filctem Cgil, «ma sono state illustrate alcune linee guida generali e intenzioni per Trichiana e Roccasecca».

Tra le notizie positive, la comunicazione da parte dell’azienda che c’è l’intenzione a continuare a produrre in Italia. Ancor più, «Trichiana resta stabilimento strategico per l’intero gruppo», sottolinea l’azienda stessa.

«Bisogna lavorare su un recupero della produttività, ma quello bellunese diventerà sito di eccellenza europeo. L’azienda, inoltre, investirà nei prossimi tre anni 9 milioni di euro tra Trichiana e Roccasecca, che si sommano ai 15 già investiti nei tre anni precedenti. E vuole crescere da un milione e 100 mila pezzi a un milione e 300 mila». Dall’altra parte, a preoccupare è il fatto che siano richiesti «alcuni sacrifici elevati e pesanti», commentano i due rappresentanti delle rsu Gianni Segat e Luca Pezzuolo, «soprattutto quando si ipotizza di eliminare elementi contributivi di secondo livello».

Il prossimo incontro al Mise sarà convocato tra circa un mese, a metà ottobre. Un incontro che sarà più decisivo e durante il quale dovrebbe essere presentato il piano industriale vero e proprio. Tant’è che le organizzazioni sindacali utilizzeranno questo tempo a disposizione per riunioni nello stabilimento e sul territorio.

«Fino al prossimo vertice al Mise non prenderemo iniziative, ma porteremo avanti valutazioni dettagliate», dice ancora Segat, che insieme a Colferai sottolinea la necessità di un piano commerciale. «Per Trichiana c’è un piano di investimenti consistente», sottolinea il secondo, «che riguardano la riorganizzazione di tutto il ciclo produttivo e alcune questioni come il nuovo forno, che ormai chiediamo da 7-8 anni. Il problema è che stiamo ancora discutendo di un mercato scarno. E, se non c’è l’aumento dei volumi, automazione non fa rima con occupazione. Per questo deve esserci un rilancio dal punto di vista commerciale». E per Trichiana c’è l’urgenza di capire quando e come si realizzerà il trasferimento di volumi e macchinari dallo stabilimento di Orcenico, per il quale la segreteria nazionale dell’Ugl Chimici (al Mise era presente Eliseo Fiorin) ha chiesto «che si faccia tutto il possibile per mettere gli ex dipendenti che hanno costituito la cooperativa interessata a rilevare il sito nella condizione di portare avanti un progetto il futuro proprio e del territorio.

Da esso dipende anche la definizione delle produzioni di Trichiana». «Dal punto di vista produttivo non vogliamo rischiare di assistere a una morte lenta», tiene a mettere in risalto Colferai, «per questo nel lasso di tempo che ci separa dal prossimo incontro a Roma dobbiamo avviare delle riflessioni approfondite sulle linee guida che ci sono state presentate oggi (ieri, ndr)». Intanto, dal 1° settembre, all’ex Ceramica di Trichiana ha ripreso l’attività il 70% dei dipendenti. Lo stabilimento è a pieno regime da lunedì scorso. «Ora stiamo lavorando tutti», precisa Segat, «anche se c’è ancora un centinaio di persone che non è rientrata con l’orario completo».

Martina Reolon

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